PARTINICO: “Senza peli sulla lingua” rientra nella categoria delle “frasi fatte”. Se dovessi affiancare una figura a questo aforisma, sceglierei quella del giornalista termitano Cosimo Cristina. Cosimo Cristina è stato un giornalista, nato nel ‘35 a Termini Imerese. Chiamato dagli amici “D’Artagnan”, per via del suo modo di vestire, sempre raffinato e per il baffetto sottile stampato sul viso, dedicò la sua vita al giornalismo d’inchiesta, occupandosi principalmente di mafia.
Fu proprio questa sua continua ricerca sulla mafia che lo condannò a morte: fatto saltare in aria sui binari della ferrovia di Termini Imerese il 5 maggio del 1960, fu il primo giornalista vittima della mafia, omicidio rimasto impunito.
Negli anni ‘50, soprattutto nei paesini dell’entroterra siciliano, parlare di mafia era una pratica scomoda e pericolosa. Definita da molti “un’invenzione dei comunisti”, la mafia, proprio in quegli anni, ampliava i suoi interessi illeciti con l’edilizia civile e con i grandi appalti pubblici truccati per la costruzione di edifici ed infrastrutture. Tra gli anni ‘50 e ‘60, infatti, intere zone storiche del capoluogo siciliano vennero demolite per lasciare posto ad una cementificazione selvaggia, dando luogo al famigerato “sacco di Palermo”.

Negli stessi anni, Cosimo Cristina si affaccia al mondo del giornalismo, collaborando con lo storico quotidiano palermitano “L’Ora” e successivamente, con alcune testate nazionali come il Corriere della Sera, Il Messaggero ed il Giorno.
Durante l’incontro con gli studenti del Liceo classico Gregorio Ugdulena, tenutosi il 21 marzo, giornata dedicata alla memoria delle vittime della mafia, sulla figura del giornalista vittima della mafia, Alfonso Lo Cascio, direttore di EsperoNews, ha parlato di Cristina definendolo “un animo inquieto” e ricordando la sua indomita propensione alla ricerca di verità per raccontarla ”senza peli sulla lingua”.

Nel 1959 il giornalista aveva deciso di fondare il settimanale “Prospettive Siciliane” insieme al collega Capuzzo. Scrisse numerosi articoli che rivelavano intrecci e malaffare della mafia madonita e che gli procurarono minacce e intimidazioni. Ma la sua attività d’inchiesta non si arrestò: continuò imperterrito a fare emergere la verità dei misfatti perpetrati dalla mafia, menzionando addirittura i nomi dei “boss” di quel tempo. Fu antesignano di un giornalismo caratterizzato da uno stile diretto nel raccontare i fatti; per lo stesso modus operandi può essere accostato a Mino Pecorelli, un altro giornalista ucciso dalla mafia. La sera del 3 maggio, i genitori e le tre sorelle di Cristina, non vedendolo rientrare, si impensierirono. Furono due giorni di paura e disperazione, soprattutto quando il padre apprese la notizia, alla radio, del “suicidio” di un ragazzo.
Il cadavere del giovane cronista fu trovato alle 15:35 del 5 maggio lungo la strada ferrata della linea Palermo-Messina, tra le stazioni di Termini Imerese e Trabia. Il 12 Luglio del 1960, la magistratura ordinò che si svolgesse l’autopsia sul corpo di Cristina; incredibilmente o forse volutamente, l’esito dell’autopsia confermò la tesi del suicidio, e così nel 1966 la magistratura archiviò la storia di Cristina come suicidio. Il giornalismo, col passare degli anni, ha subito numerose trasformazioni, a partire dai mezzi d’informazione, ciò che dovrebbe prevalere in questi anni di “giornalismo pattumiera” come scrive Corrado Augias – è sicuramente la determinazione, il coraggio e soprattutto la ricerca di fonti certe per il rispetto dovuto ai lettori.
Santi Di Leonardo
Liceo classico Gregorio Ugdulena
Termini Imerese