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lunedì, 22 Dicembre 2025
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Palermo, una notte con le persone senza dimora: in strada con l’associazione “LeAli” tra cibo e ascolto

Viaggio notturno con i volontari dell’Unità di Strada: pasti caldi, vestiti e coperte, ma soprattutto strette di mano, parole e ascolto. Dalle storie di solitudine e fragilità, segnate da dipendenze e disagio psichico, alla speranza che nasce dalla relazione e dal lavoro di rete, tra servizi e bisogno urgente di comunità terapeutiche e percorsi personalizzati

Serena Termini
Serena Termini
È nata il 5 marzo del’73 e ha tre figli. Dal 2005 è stata la corrispondente dell'agenzia di stampa nazionale Redattore Sociale con cui oggi collabora. Da sempre, ha avuto la passione per la lettura e la scrittura. Ha compiuto studi giuridici e sociologici che hanno affinato la sua competenza sociale, facendole scegliere di diventare una giornalista. Ciò che preferisce della sua professione è la possibilità di ascoltare la gente andando al di là delle prime apparenze: "fare giornalismo può diventare un esercizio di libertà solo se ti permettono di farlo".
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PALERMO. Al di là del cibo e dei vestiti, hanno un forte bisogno di essere viste e riconosciute come persone non invisibili. Sono i diversi senza dimora che vivono in rifugi di fortuna, per le strade della città. C’è bisogno di strette di mano, sorrisi, parole di conforto, abbracci e baci sulla guancia. A dirlo sono i volontari dell’Unità di Strada dell’associazione LeAli con i quali sono uscita lo scorso martedì. Per la strade, le variegate luminarie natalizie contrastano moltissimo con i miseri giacigli, tra rifiuti e cartoni. Le persone che, spesso, rimangono in strada sono quelle che hanno forti dipendenze da alcol, droghe e problemi di salute mentale. I volontari hanno distribuito: 65 primi, 70 secondi, pane e qualche dolcetto. Al cibo si aggiungono anche i vestiti e le scarpe.

Iniziamo dal sottopasso della metropolitana davanti al Palazzo di Normanni dove ci sono tre persone. Tra queste, c’è Lisa che fa uso di droghe che ha una brutta flebite. In passato è stata ricoverata in ospedale ma, purtroppo, è ancora in strada.

A due passi dalla Cattedrale, ci vengono incontro alcune persone. Tra questi, c’è Toni di 54 anni che ha gli occhi buoni. L’uomo, rimasto orfano e solo, vivendo in un mono-vano, prende un sacchetto di cibo che può cucinare. “Per vivere faccio il badante in nero di due persone con disabilità – racconta Toni -. Cerco di vivere dignitosamente anche se, purtroppo, non riesco a coprire tutte le spese. Le feste mi mettono tristezza e non vedo l’ora che passino presto”. 

Sotto i portici della posta centrale, dove digiunò Biagio Conte, incontriamo diverse persone, tra giovani e meno giovani. Mohamed, oltre al cibo prende una coperta pulita e chiede delle scarpe. “Grazie di esserci sempre, vi voglio bene”. Un giovane gambiano, con indosso dei pantaloni troppo larghi, nascosti da un vecchio cappotto, prende un paio di pantaloni della sua misura. Si arriva nella zona del porto. Nino è contento di incontrare qualcuno con cui parlare. “Vi ringrazio per il cibo – dice Nino di 62 anni con pochi denti –. Vengo da Genova e sono sceso al Sud perchè c’è meno freddo e più calore umano. Per alcuni periodi, lavoro e riesco a pagarmi una stanza. Quando lo perdo ritorno in strada. Ho una figlia che non sa niente di me”. Nella villetta di corso Tukory, tra rifiuti di ogni tipo, c’è un vecchio divano dove dorme una persona. Difficile la situazione sotto i portici dell’istituto nautico: ci sono persone molto nervose alcuni con le sole ciabatte estive, altre euforiche (forse da sostanze) e alcuni stranieri visibilmente affamati ma molto dignitosi che ci regalano un sorriso. Si prosegue a Porta dei Greci di piazza Kalsa dove sono tutti con i loro giacigli di cartone e coperte. “In passato ho avuto una vita bella – racconta Sori di origine tunisina -. Ora, purtroppo sono arrivato a questo punto ma cerco qualsiasi tipo i lavoro almeno per riuscire a mettermi in contatto con la mia famiglia che è a Tunisi”. 

Di fronte all’ospedale Buccheri la Ferla ci raggiungono quattro persone che vivono in un edificio abbandonato di fronte al mare.

“Quest’anno è stato brutto e vorrei che passasse molto in fretta – dice Antonio di 25 anni con leggeri problemi psichici. Quando vi incontro sto bene perchè è bello parlare con voi”.

Alla stazione centrale incontriamo Marica, giovane romena di 37 anni che vive tra la strada e l’ospitalità di qualche amica. Ha le mani freddissime. “Stasera sento più freddo delle altre volte – dice -. Avete da darmi una giacca più pesante e delle scarpe che le mie sono rotte? Non mi regalate troppe cose perchè me le rubano gli altri. La vita è difficile ma, con il tempo, ho imparato a difendermi”. C’è anche “il cantante” con un viso molto pittoresco. “Nella mia prima vita suonavo con un gruppo musicale – racconta -. Poi le cose sono andate male. Quando canto soffro meno e  rendo allegri gli altri”. 

“In strada, rispetto al passato, ci sono meno persone grazie al lavoro capillare di rete tra servizi sociali e associazioni. Incontriamo persone molto fragili che hanno problemi di dipendenze e di disagio psichico. Ci vogliono più comunità terapeutiche in grado di accoglierle. Per le persone con dipendenze occorre entrare in relazione di ascolto per attivare progetti personalizzati – afferma Maddalena Rotolo di LeAli -. Alcune sono riuscite a cambiare vita e, oggi, ci chiamano perchè, non dimenticano l’aiuto ricevuto. Tutto questo, ci conforta facendo crescere la speranza e la forza di continuare a donarci agli altri”. 

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