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giovedì, 13 Novembre 2025
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Da Palermo a Betania, restauratori e studiosi siciliani ridanno vita alla casa di Lazzaro

Tra le colline di Gerusalemme Est, gli esperti palermitani e i giovani palestinesi lavorano fianco a fianco per restituire bellezza e dignità a un luogo di fede. Nel progetto promosso da Pro Terra Sancta, Mosaic Center e Università di Palermo, la conservazione diventa un atto di speranza e di dialogo

Caterina Ganci
Caterina Ganci
Giornalista pubblicista, laureata in Comunicazione pubblica, collaboro con diverse testate online. Amo il mare, il suo profumo e le sfaccettature dei suoi colori. Non penso che potrei vivere in un posto diverso dalla Sicilia! La nostra Isola è bella e ricca di cultura, storie, tradizioni e se è vero che “la bellezza salverà il mondo" io voglio continuare a cercare, osservare e raccontare le nostre meraviglie con la passione forza motrice necessaria per una giornalista
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C’è un silenzio particolare nella casa di Lazzaro, quello che si sente nei luoghi dove la pietra incontra la memoria. Da anni, mani esperte e giovani apprendisti palestinesi lavorano insieme tra gli archi e i resti di quello che, secondo il Vangelo, fu il villaggio dell’amico di Gesù. Ma dietro le impalcature e gli strumenti da restauro, ci sono volti, voci e storie di chi, partendo dalla Sicilia, ma anche da altre regioni, ha deciso di restituire vita a questo luogo di fede e di incontro.

«Ogni giorno, nel cantiere, la polvere si mescola ai sogni», racconta il restauratore  Giuseppe Inguì che guida gli interventi sui manufatti lapidei. «Betania è uno scrigno di opere preziose. Conoscere e restaurare significa restituire libertà e dignità, perché la conoscenza rende liberi. Cerchiamo di dare una metodologia di intervento in un sito pieno di opere d’arte di diversa natura. Quando restauriamo un frammento, non pensiamo solo all’arte, ma alle persone che vivono qui, alla loro dignità».

Per lui e per i colleghi  coinvolti nel progetto  “Proteggere la Palestina: Formazione alla conservazione del patrimonio culturale, al servizio delle istituzioni accademiche e della comunità palestinese”, la conservazione non è mai un gesto neutro: è un modo di abitare la storia con rispetto, di restituire libertà e bellezza a una terra ferita.

L’iniziativa è stata avviata dall’associazione Pro Terra Sancta, insieme al Mosaic Center di Gerico, la Al Quds University di Gerusalemme e l’Università degli Studi di Palermo e unisce la cura del patrimonio culturale con la formazione professionale e il sostegno alle comunità locali.

“Il luogo di Lazzaro”, conosciuto in arabo come al-Azariyeh, sorge nel villaggio di Betania, nel cuore della Terra Santa, tra le colline della Palestina. Dal 2016, archeologi, restauratori e giovani del posto lavorano fianco a fianco per riportare alla luce e conservare il sito della casa di Lazzaro. L’obiettivo è ambizioso: far sì che il turismo culturale diventi un motore di sviluppo sostenibile per Betania, creando opportunità di lavoro e formazione, soprattutto per giovani e donne. Le storie dei restauratori e operatori diventano un racconto sociale affascinante, che tocca temi di identità, partecipazione, economia locale e dialogo culturale.

Tra chi ha legato la propria vita a questo luogo c’è anche Carla Benelli, storica dell’arte e referente di Pro Terra Sancta. Da anni attraversa i villaggi della Cisgiordania per custodire e far conoscere i tesori della Terra Santa. «A Betania – dice – lavoriamo con la parte più fragile della popolazione, giovani e donne che vogliono costruire un futuro possibile. Il restauro diventa un atto di speranza, un modo per dire che la conoscenza e la bellezza possono ancora generare vita».

Nel laboratorio del Mosaic Center di Gerico, alcuni studenti palestinesi imparano le tecniche del restauro lapideo sotto la guida dei professionisti arrivati dalla Sicilia. Accanto a loro, il biologo Franco Palla, docente dell’Università di Palermo, già coordinatore del corso di laurea in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali. «La conservazione non è solo un dovere storico – spiega – ma un atto di solidarietà verso chi vive oggi questi luoghi. Le conoscenze e le competenze devono essere messe a disposizione della collettività».

Ma le storie più delicate sono quelle delle donne del villaggio. Nei piccoli laboratori artigianali di Betania, tra profumi di nardo e olio essenziale, quattro donne musulmane hanno ripreso la tradizione dell’estrazione delle essenze aromatiche. Dalle loro mani nascono candele e profumi ispirati al gesto evangelico di Maria che unse Gesù con olio prezioso. «Per loro – racconta Benelli – è un lavoro, ma anche un gesto di libertà. Le essenze diventano simbolo di cura e di memoria, e permettono alle famiglie di vivere con dignità».

È così che, nella terra dove Lazzaro tornò alla vita, la resurrezione non è solo un racconto di duemila anni fa, ma un’esperienza quotidiana. Pietra dopo pietra, mano dopo mano, i professionisti italiani e i giovani di Betania fanno rivivere una storia di cooperazione e umanità.

E chissà magari presto anche i giovani palestinesi verranno in Sicilia per restaurare le nostre opere insieme agli studenti palermitani.

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