PALERMO. Durante la seduta della Commissione antimafia allo Zen, la voce delle associazioni operanti nel quartiere viene esposta da Fabrizio Arena di Laboratorio ZEN Insieme, con riferimento a un documento presentato alla Commissione, e sottoscritto da ZEN Insieme, Handala, L’Albero della Vita, Lievito Onlus, Bayty Baytik, Orto Capovolto e Rete degli Ambulatori Popolari ODV. Presente anche Save the Children con un proprio intervento.
Sette punti (Sicurezza e contrasto ai fenomeni criminali; La repressione non basta: la prevenzione come strategia; Diritto alla bellezza; Inclusione e connessione con la città; Diritti negati e legalità possibile; La presenza dello Stato: un concetto da declinare; Rigenerazione e riqualificazione degli spazi) con cui le associazioni chiedono alla Commissione di “farsi promotrice e garante di un dialogo istituzionale serio, stabile e costruttivo, volto a tradurre le presenti istanze in azioni concrete e coordinate tra i diversi livelli di governo.”
“Lo Stato non può essere percepito come antagonista, ma come alleato nella costruzione di opportunità e giustizia sociale”, è uno dei passaggi centrali del documento. Il testo, frutto dell’esperienza diretta delle realtà impegnate ogni giorno tra marginalità e antimafia sociale, parte da una constatazione: la sicurezza è un diritto, ma la repressione da sola non basta. “La comunità dello Zen – si legge –, reclama una presenza costante delle forze dell’ordine, ma le azioni di contrasto alla criminalità devono essere accompagnate da interventi sociali, economici ed educativi. Solo così si può generare fiducia e appartenenza.”
Le associazioni chiedono di agire sulle cause profonde del disagio, investendo in presìdi educativi, nel rafforzamento delle scuole e dei servizi socio-sanitari, nella riapertura del Cup e nella creazione di asili e spazi gioco per contrastare la povertà educativa. Centrale anche il sostegno alla genitorialità, attraverso percorsi di accompagnamento e formazione per aiutare le famiglie a essere parte attiva dei processi educativi e di crescita.
Accanto alla sicurezza, le realtà del quartiere parlano di diritto alla bellezza: illuminazione, manutenzione e pulizia degli spazi pubblici sono considerati strumenti fondamentali per accorciare la distanza tra lo Zen e il resto della città. “Lo spazio educa – si legge –, crescere in un luogo curato significa interiorizzare il valore del rispetto e del senso civico”.
Il documento sottolinea inoltre la necessità di riconnettere lo Zen al tessuto urbano e culturale di Palermo, con trasporti efficienti, iniziative culturali e sostegno stabile alle attività sociali: “Rendere il quartiere vivo e riconosciuto significa restituire dignità e rafforzare la fiducia tra cittadini e istituzioni.”
Sul fronte dei diritti negati, le associazioni denunciano le difficoltà legate all’abitare e alla residenza, ma anche l’assenza di opportunità di lavoro, soprattutto per i giovani. “In un quartiere con uno dei più alti tassi di disoccupazione giovanile – scrivono –, è imprescindibile un intervento urgente sulla formazione e sull’orientamento. Il lavoro è la chiave per interrompere la catena della marginalità.”
La chiusura del documento è un appello diretto alla politica e alle istituzioni: “La presenza dello Stato non deve manifestarsi solo in seguito a episodi di cronaca, ma essere costante, proattiva e generatrice di fiducia. Il vero presidio di legalità è una comunità che crede nello Stato perché lo vede presente, giusto e vicino.”
Fra Loris: “Togliere figli quando in casa si spaccia. Si, al reato di apologia criminale e mafiosa”
A prendere la parola durante la seduta della Commissione anche un figlio dello Zen, Fra Loris D’Alessandro, cappellano del carcere Pagliarelli di Palermo, che fino a 24 anni ha vissuto nel suo quartiere. Fra Loris ha parlato a sostegno delle parole di Cracolici: “Bisogna smantellare lo spaccio allo Zen”, e ha aggiunto: “Bisogna togliere i figli quando in casa si spaccia”. Poi un riferimento alla proposta di legge di Varchi e Russo (FdI) che introduce “il reato di apologia della criminalità organizzata o mafiosa punito con la pena di reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 1.000 fino a 10.000 euro”, secondo Fra Loris, necessaria. Nella proposta di legge: “Sono previste aggravanti se il fatto è commesso a mezzo stampa o attraverso strumenti telematici o informatici, per porre un argine alla diffusione senza controllo sui social network di contenuti che favoriscono pratiche e messaggi di adesione alla mafia e che talvolta si traducono nella vita reale in condotte criminali violente da parte di giovanissimi.”
Alla seduta della Commissione che si è svolta ieri pomeriggio nel teatro della Parrocchia di San Filippo Neri allo Zen, presenti anche i dirigenti scolastici Massimo Valentino e Stefania Cocuzza, dell’Ics Falcone, e dell’Ics Sciascia. Presente il parroco Giovanni Giannalia, che nelle scorse settimane ha accolto nell’atrio della Parrocchia di San Filippo Neri, una veglia di preghiera voluta dagli Arcivescovi di Palermo e Monreale, dopo l’omicidio del giovane Paolo Taormina.







