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sabato, 5 Luglio 2025
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Beni confiscati, la denuncia dell’Antimafia: “Ancora poca trasparenza”. E le proposte di Auser

L’allarme è stato lanciato da Antonello Cracolici, presidente della Commissione regionale, durante la tavola rotonda promossa da Auser Palermo e CeSVoP al Giardino del Benessere, bene confiscato e oggi simbolo di rinascita sociale. L'iniziativa nell'ambito di Palermo Capitale del Volontariato 2025

Yuri Testaverde
Yuri Testaverde
Ha studiato Scienze Politiche all'Università La Sapienza di Roma. Impegnato nel mondo sociale, è stato membro attivo di diversi progetti in ambito socio-politico tra Roma e Palermo, dove ha curato le pubbliche relazioni per il network RenUrban. Dal 2018 collabora con il mensile Cntn e, da ottobre 2020, con "Il Mediterraneo 24"
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PALERMO. “Dentro il sistema della confisca e dell’assegnazione dei beni mafiosi ci sono ancora troppi buchi e poca trasparenza”. A lanciare l’allarme è Antonello Cracolici, presidente della Commissione regionale Antimafia, durante la tavola rotonda promossa da Auser Palermo, con il supporto del CeSVoP, al Giardino del Benessere, bene confiscato e oggi simbolo di rinascita sociale, affidato proprio all’Auser. L’incontro, coordinato dalla giornalista Rai Lidia Tilotta, è stato incentrato sul ruolo del volontariato nella lotta alle mafie e nel recupero dei beni confiscati. “Abbiamo voluto dare il nostro contributo all’organizzazione di questo incontro inserendolo all’interno del programma previsto per Palermo Capitale Italiana del Volontariato 2025, le tematiche importanti lo richiedevano e non mancheranno gli spunti di riflessione che ci porteremo a casa”, ha esordito Giuditta Petrillo, presidente CeSVoP Palermo.

Molti i temi introdotti da Giorgio Scirpa, presidente Auser Sicilia, a partire dalla descrizione dell’iter che ha portato al sequestro e alla confisca del terreno su cui sorge il giardino del BENESSERE, fino all’assegnazione ad Auser nel dicembre 2019: “Da luogo di degrado e di illegalità, a luogo di incontro, di relazioni, di confronto tra persone di varia fascia d’età: è così che si concretizza l’azione stessa del volontariato”.

Passando poi a temi più prettamente inerenti gli argomenti della tavola rotonda, ecco i riferimenti alle possibili proposte di modifica all’Art.416 bis introdotto dalla nota legge Rognoni-La Torre del 1982, che a detta del relatore potrebbero portare ad un quadro in cui possa risultare più difficile garantire la certezza e la durata del reato, mentre i tentativi di sminuire l’importanza e l’efficacia della Legge 109/96 sulla centralità del riuso dei beni confiscati per scopi sociali e pubblici per preferirgli finalità di tipo più commerciale, potrebbe portare ad uno svuotamento di fatto della ratio che aveva portato alla legge stessa, cioè quella di restituire il bene alla collettività in funzione sociale antimafiosa e di cultura della legalità.

“Rendere meno farraginose e più agevoli le procedure per la confisca, l’assegnazione e l’utilizzo dei beni, facendo però mantenere agli enti locali la regia nella filiera per garantire la funzione di riutilizzo sociale del bene; permettere di utilizzare una parte dei beni mobili e del contante confiscato oggi interamente destinato al Fondo Unico di Giustizia, al fine di garantire una reale fruizione dei beni oggetto di assegnazione. Ecco alcune proposte concrete per provare a migliorare la situazione, che oggi sembra invece sempre più incerta per motivazioni di indirizzo sostanzialmente politico”, conclude Scirpa.

Carmelo Pollichino di Libera, tra le realtà organizzatrici dell’incontro, sottolinea “l’importanza dei beni confiscati come esperienze di comunità, comunità che debbono essere coinvolte nella gestione concreta del bene”, soffermandosi poi sulle realtà positive che esistono a Palermo e “sulla forza che questa azione corale possa portare in termini di bellezza e solidarietà tra i membri; la società civile, più che concentrarsi sulla mafia e sulle sue storture, si concentri maggiormente sul benessere che questa azione corale può fare e che fa emergere lo spirito di comunità, e così avremo già dato dignità sociale al bene stesso”.

Sulla stessa scia intrisa di positività, Serafina Moncada, presidente della Coop.Sociale I Sicaliani: “l’importante è crederci, andare oltre le difficoltà e guardare al benessere che si possa generare nel territorio attraverso le attività nate da una confisca; non è affatto semplice, ma quel valore aggiunto di coloro che gestiscono i beni confiscati è l’onestà, di cui andare fieri”.

L’incontro è entrato nel vivo con l’intervento di Antonello Cracolici, presidente regionale Commissione Antimafia ARS, che ha ricordato il primato di Palermo come capoluogo d’Italia con più beni confiscati, mentre la Sicilia ne ha diecimila su diciottomila in totale a livello italiano. Al di là dei numeri, di certo non incoraggianti, esiste una rete fatta di gestori di beni confiscati, una rete da cui attingere per dare valore alle azioni. “La lotta alla mafia non serve in sé, ma in quanto elemento per rompere i simboli del potere e dell’ostentazione mafiosa, che si basa anche sulla disponibilità di beni, dunque quando si confisca un bene mafioso si realizza un potere enorme di cui questa rete, ancora troppo frammentata al nord come al sud, deve divenire cosciente per affermarsi”.

Bisogna anche lavorare sul valore territoriale della restituzione sociale del bene, e lì Cracolici affonda il colpo sulle troppe incongruenze ancora presenti: “Dentro il sistema della confisca e dell’assegnazione dei beni confiscati ci sono ancora troppi buchi e poca trasparenza; è intollerabile la distanza che c’è tra i luoghi della gestione dei beni confiscati, e i luoghi stessi, portiamo un esempio concreto: Palermo viene gestita dall’Agenzia per i Beni Confiscati con sede a Palermo ma che dipende da Roma, mentre le confische di Enna e Caltanissetta vengono gestite da Reggio Calabria”.

Infine, un ultimo importante richiamo ad alcuni sistemi di protezione, come Liberi di scegliere, che si stanno adottando per provare a far cambiare strada ai figli e ai parenti di coloro che appartengono a famiglie mafiose, proprio per provare a rompere questo circolo vizioso e promuovere strade virtuose.

Giuseppe Provenzano, Commissione Nazionale Antimafia, nel suo intervento si è concentrato soprattutto sui valori dell’antimafia sociale, “che è impegno politico e partecipazione civica, che debbono avere possibilità di arrivare fino alle istituzioni, perché un’antimafia delle istituzioni segue sempre la linea tracciata dall’antimafia sociale, sennò rischia di allontanarsi dalla storia e di nutrirsi solo di cerimonie retoriche e vuote, ed è quello che sta purtroppo accadendo ogni anno di più, soprattutto in certe occasioni”.

Franca Imbergamo, magistrato della Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, nel suo intervento ha provato a tracciare un quadro delle attività di cui si occupa la Procura, compreso l’aspetto patrimoniale, anche in un quadro di traffici illeciti che coinvolgono diversi Stati esteri. Poi, concentrandosi sui beni confiscati, ha affermato: “Il riuso sociale dei beni confiscati è un valore da far rientrare appieno nell’economia legale e produttiva, non un peso collettivo. Non bisogna abbassare la guardia pensando che la mafia non operi più quando ancora è invece vivissima; purtroppo si sta perfino provando in tutti i modi a ridimensionare gli strumenti a disposizione della magistratura per combattere la criminalità organizzata, con conseguenze molto rilevanti”.

La chiusura dell’incontro è spettata al presidente nazionale Auser Domenico Pantaleo, che si è soffermato sulle problematiche maggiori legate al mondo dei beni confiscati: “La legislazione italiana sui beni confiscati ci viene invidiata in Europa, ma è innegabile che presenti degli aspetti da migliorare notevolmente, tra cui quello del lasso di tempo troppo esteso che passa dalla confisca di un bene all’effettiva assegnazione, con conseguente deterioramento dei beni assegnati e costi molto alti di ripresa, di gestione e di manutenzione degli stessi, passando poi per una problematica coi Comuni relativa ai tempi di convenzione nell’assegnazione, che dovrebbe essere uniformata ovunque; per finire, si dovrebbe promuovere la possibilità di linee di credito agevolato in un sistema di maggiore trasparenza che preveda una regia complessiva di gestione che includa prefetture, comuni, enti vari e Agenzia Nazionale per i Beni Confiscati”.

Per concludere, uno sguardo ai valori innegabili del volontariato: “Nelle nuove generazioni vedo molto forte la ricerca di ritrovare un senso della vita, e in questo il volontariato può sicuramente aiutare a trovare una strada. Socialità, solidarietà, inclusione, sono parole forti che possono rendere migliore la società ed equilibrare i rapporti tra democrazia, equità e libertà, soprattutto in un clima imperante di individualismo esasperato che aumenta sempre più le disuguaglianze. Il volontariato prova ad andare contro questa tendenza, per premiare il valore dell’essere che agisce e si realizza nella comunità”.

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