Uno sportello di orientamento al lavoro per giovani stranieri, a Palermo. È questo In Gioco, una struttura gestita da altri giovani stranieri che si sono integrati in città. I volti sono quelli di Karydja, Ousman e Moussa e, fino a pochi giorni fa quello di Harouna. Un modo per permettere a chi arriva a Palermo da un altro Paese di cercare la propria strada nel mondo del lavoro, senza sentirsi solo. Lo sportello di orientamento al lavoro #peertopeer accoglie e aiuta i suoi utenti a mettere a fuoco le loro competenze e a indirizzarli verso le possibilità di impiego più adatte. Basta fissare un appuntamento con gli orientatori inviando un messaggio sulla pagina Facebook di In Gioco. “Lo sportello aiuta i ragazzi stranieri che arrivano qui a capire come funzione il lavoro in Italia”, spiega Ousman. “I ragazzi hanno dei mestieri, però arrivando qua mollano tutto – aggiunge Moussa -. Non sanno come valorizzare questo mestiere”. “Noi siamo quattro orientatori peer to peer e parliamo 10 lingue diverse. Oltre alle lingue internazionali, la maggior parte sono le lingue nazionali provenienti dall’Africa subsahariana e l’Africa dell’Ovest – afferma Harouna -. Quello che noi facciamo è, per esempio, aiutare i ragazzi nella compilazione o nell’aggiornamento del curriculum, aiutarli a iscriversi a diversi bandi, anche concorsi, aiutarli a tradurre alcuni documenti oppure anche a facilitare la comunicazione tra loro e il loro datore di lavoro”.
Gli operatori consegnano alcune card ai ragazzi che si recano nello sportello. Attraverso queste, possono esprimere in particolare quale genere di aiuto hanno bisogno: trovare un lavoro, analizzare le competenze. E, poi, la rappresentazione grafica dei lavori a Palermo. “Un orientatore non sceglie per un ragazzo quello che deve fare, gli dà consigli, lo aiuta nel suo percorso, in quello che il ragazzo è in grado di fare con le sue capacità intellettuali”, sottolinea Moussa. “Da un anno abbiamo iniziato il progetto In Gioco. Devo dire che è stato un successo. Almeno tre o quattro ragazzi di cui ho compilato il curriculum – racconta Karidja -, dopo due o tre giorni, mi hanno mandato un messaggio, dicendomi che hanno trovato un lavoro. È stato un momento di orgoglio, di gioia e di pace per me stessa e anche per loro”.
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