Un Paese e una regione, la Sicilia, non «a misura di bambino», ma ancor meno «di bambine», che si sono trovati ad affrontare l’emergenza Covid-19. In Italia, circa 1 milione e 140 mila ragazze tra i 15 e i 29 anni rischiano, entro la fine dell’anno, di ritrovarsi nella condizione di non studiare. Neppure di lavorare. Né tanto meno di essere inserite in alcun percorso di formazione. Un limbo in cui già oggi, inSicilia, è intrappolato quasi il 38% dei giovani, il 40% delle ragazze, contro il 36,3% dei coetanei maschi, percentuali più alte in Italia. Un Paese, quello fotografato da Save the Children, dove nascono sempre meno bambini e dove la povertà intrappola il loro futuro.
La povertà educativa dei minori in Sicilia
In Sicilia, il 40,1% dei minori vive in condizioni di povertà relativa. Si tratta della seconda regione in questa classifica, dopo la Calabria (42,4%). Sono solo alcuni dei dati sulla situazione in Sicilia che emergono dal nuovo Atlante dell’infanzia a rischio «Con gli occhi delle bambine” diffuso a pochi giorni dalla Giornata mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza da Save the Children. Quest’anno l’Atlante apre una finestra sulla condizione dell’infanzia nel nostro Paese e nella regione Sicilia. Emerge una una fotografia fatta di povertà minorile e disuguaglianze educative.
La denatalità nelle province siciliane
Tra le province siciliane, Messina è quella con la percentuale più bassa di minori sul totale della popolazione (15,2%). Catania fa registrare il valore più alto (17,8%). Solo nel 2019 il nostro Paese, con poco più di 420 mila nascite (oltre 38 mila in Sicilia), ha fatto registrare una diminuzione di oltre 19 mila nati rispetto all’anno precedente (-4,5%). A ridurre il brusco calo, solo l’incidenza dei minori con cittadinanza straniera, che oggi in Italia sono l’11% del totale. In Sicilia svetta Ragusa (11,9%) seguita a distanza da Messina (5,7%). “L’aumento della povertà educativa come conseguenza della crisi legata al Covid-19 rischia concretamente di tradursi nella perdita di apprendimenti e competenze educative”. Frequentare un asilo nido o un servizio per la prima infanzia, in Sicilia, resta un privilegio per pochi. Nell’anno scolastico 2018/2019 solo il 6,4% dei bambini aveva accesso a servizi pubblici offerti dai Comuni: tra le percentuali più basse in Italia, seguita solo da Calabria (3%) e Campania (4,3%).
Il rischio “Neet” per i giovani siciliani
Anche nel percorso di crescita, gli indicatori di povertà educativa confermano una situazione difficile già prima dell’emergenza. In Sicilia, più di 1 giovane su 5 (22,4%) abbandona la scuola prima del tempo. Un triste primato in Italia, ben lontano dalla media nazionale che segna un tasso di dispersione scolastica del 13,5%. Inoltre, in Sicilia, il 38% dei giovani rientra nell’esercito dei “Neet“, cioè di coloro che non studiano, non lavorano e non investono nella formazione professionale. Anche in questo caso percentuale più alta tra le regioni italiane.