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domenica, 1 Giugno 2025
SpecialiMoltivolti e la risposta accorata di migliaia di persone all'incendio: conta su una comunità e non su clienti

Moltivolti e la risposta accorata di migliaia di persone all’incendio: conta su una comunità e non su clienti

Dopo l'incendio che ha devastato i locali dell'impresa sociale, è montata una grande solidarietà. Ma che cosa rappresenta per ciascuno di noi Moltivolti? A questa domanda risponde per sé la giornalista Alessia Rotolo

Alessia Rotolo
Alessia Rotolo
Ama Palermo e il centro storico, i tre mercati, i quattro mandamenti, il Genio e la Santuzza. Segue con passione i processi partecipativi di riqualifica della città nati dal basso che stanno pian piano cambiando il volto di Palermo rendendola sempre più affascinante. Scoprire storie e raccontarle è la sua migliore capacità dettata da una passione incessante per il mestiere di giornalista
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Incendio e solidarietà a Moltivolti

PALERMO. “Casa è dove amiamo, casa è ciò che i nostri piedi possono lasciare, ma non i nostri cuori“. Questa è una frase di Oliver Wendell Holmes, che mi è venuta in mente proprio in questi giorni quando tutto il mondo dell’associazionismo – non solo palermitano – è orfano di una grande e accogliente casa: Moltivolti.
Come tanti di voi sapranno nella notte tra sabato 29 e domenica 30 gennaio un violento incendio – di matrice non dolosa – ha devastato il coworking e ristorante che ormai dentro Ballarò è centro nevralgico di associazioni, comitati, progetti, idee, ma non solo, è il punto di riferimento di chi crede ai diritti, alla valorizzazione delle persone, di chi crede in una visione del mondo ben precisa.

A Ballarò un quartiere multietnico tutte le ONG che fanno salvataggi di migranti nel mediterraneo fanno base, si incontrano grazie a Moltivolti. Qui è nata Mediterranea, l’unica ONG che attualemente batte bandiera italiana, è nata qui la spinta per fare arrivare a Palermo dieci afgani, la famiglia di Shapoor, il cuoco del ristorante, altro fondamentale tassello di Moltivolti. Un posto dove si racconta una visione del mondo ma soprattutto si mette in pratica.

L’illustrazione di Laura Sighinolfi

Il motto di Moltivolti, quello che hanno stampato nelle magliette e scritto in diverse parti all’interno del locale prima che una fitta coltre di polvere di plastica nera coprisse tutta l’estrema gamma di colori e di luce che quel luogo sprigiona, è “La mia terra è dove poggio i miei piedi“. Nella frase di Holmes si fa riferimento a una casa che i piedi possono lasciare, ma non i nostri cuori. Anche nel mondo la gente si sposta per vivere da un’altra parte, per cercare lavoro, per sfuggire a una guerra, per seguire un amore, anche se la nostra terra è un’altra rispetto al luogo in cui siamo nati, è importante però costruirsi e avere una casa. Un posto dove sentirci al sicuro, a proprio agio e rilassati, un posto dove potere immaginare un futuro migliore. Moltivolti era questo, un porto sicuro dove potere fare una riunione, dove potere discutere di una nuova idea, dove poter costruire un nuovo progetto, ma anche prendere un buon calice di vino la sera, cenare, più banalmente passare a scambiare due chiacchiere con chi è di turno davanti a un caffè preso al bancone.

In questi anni Moltivolti ha saputo costruire più di quanto tutti noi ci aspettassimo, più di quanto anche io – assidua frequentatrice sin dalla nascita – avessi compreso. Domenica 30 gennaio, avevo ancora un occhio aperto e l’altro chiuso quando ho visto le foto che Marco Sorrentino (sindaco ad honorem di Ballarò) mi aveva inviato, mi si è raggelato il sangue, ovviamente ho pensato anche io le peggiori cose, intimidazioni mafiose, intimidazioni di mille svariate nature.

https://www.facebook.com/moltivolti/photos/a.227967570733907/1863177347212913

Superata la fase dello shock e scoperto che è tutto frutto di un incidente tecnico, si è passati alla conta dei danni, materiali ed emotivi. Non mi aspettavo di riscoprirmi così affezionata ad un posto. Eppure è così. Ho già dovuto spostare almeno tre riunioni programmate nei prossimi giorni a Moltivolti senza sapere bene dove poterle fare, saltato aperitivi con amici abituè del posto. E a ben notare dalla risposta incredibile avuta della società dopo l’accaduto, non sono la sola ad averla presa così profondamente male.

Dopo avere riflettuto ho capito. Non è affatto un caso che sia arrivata questa risposta così partecipata e sentita da tutta Italia e anche oltre i confini (d’altronde “No border” è un altro motto di quel luogo): i tipi di impresa che coinvolgono e si prendono cura di una comunità, a dispetto di chi fa un lavoro semplicemente per trarne profitto, hanno una più grande resilienza e di risposta nei momenti di grande difficoltà, perché si poggiano e possono contare su una comunità e non su dei clienti.

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