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martedì, 28 Ottobre 2025
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Daniela, l’uccisione del figlio 19enne a Balestrate e la sua richiesta di giustizia

La madre di Francesco Bacchi, assassinato a Balestrate lo scorso gennaio, attende il cambio del capo d'accusa per l'imputato e parla della violenza giovanile. Un fenomeno che si allunga sull'intera provincia di Palermo, dall'omicidio di Francesco a quello recente di Paolo Taormina

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di Daniele Viola
PARTINICO

A quasi due anni dal tragico omicidio di Francesco Bacchi, il ragazzo di soli diciannove anni, brutalmente ucciso all’alba del 14 gennaio 2024 fuori da una discoteca di Balestrate (Palermo), la sua famiglia lotta affinché la verità processuale rifletta la violenza subita. Francesco, morto sul colpo, è giunto in ospedale già privo di vita poco dopo una rissa scoppiata fuori dal locale, nella quale è stato violentemente colpito. L’assassino reo confesso, Andrea Cangemi, arrestato poche ore dopo, è attualmente accusato di omicidio preterintenzionale e si trova al regime degli arresti domiciliari.

In un’intervista esclusiva concessa a Il Mediterraneo 24, Daniela Vicari, la madre di Francesco difesa dall’avvocato Cinzia Pecoraro del Foro di Palermo, lancia un accorato appello affinché il capo d’accusa venga modificato in omicidio volontario. Le sue parole sono quelle di una donna distrutta dal dolore, ma determinata a ottenere giustizia per suo figlio.

La ricostruzione della tragedia e la richiesta di “omicidio volontario”

Secondo le prime ricostruzioni e quanto emerso dagli atti, Francesco Bacchi, intervenuto in una lite nei pressi del locale per difendere un amico, sarebbe stato raggiunto da diversi colpi, tra cui dei violentissimi calci al volto. Sarebbe stato fatale il colpo subito sbattendo la testa a terra, che gli ha causato la rottura del tronco encefalico. L’imputato, Andrea Cangemi, pur ammettendo di aver sferrato calci e pugni, ha sostenuto di non aver avuto l’intenzione di uccidere, motivo per cui l’accusa iniziale è stata formulata come omicidio preterintenzionale.

Mio figlio è stato massacrato“, ci dice Daniela Vicari, con la voce rotta ma ferma. “Le immagini delle videocamere di sorveglianza, i referti, tutto parla di una ferocia inaudita. Non si può parlare di omicidio ‘oltre l’intenzione’. Chi colpisce con quella violenza, con quei calci al volto di una persona inerme a terra, deve sapere di rischiare di uccidere. Chiediamo con tutte le nostre forze che venga riconosciuto l’omicidio volontario. Hanno costruito una strategia difensiva che non rispecchia la realtà: vergogna“.

“Una società malata che non tutela i suoi figli”

L’intervista ha toccato anche una piaga sociale che da mesi scuote la nostra isola, ovvero l’escalation di violenza gratuita e la frequenza con cui giovani vite vengono spezzate in risse o atti di bullismo fatale. L’omicidio di Francesco, come molti altri casi recenti, ha riaperto una ferita profonda sul degrado sociale e sulla perdita di valori.

La signora Vicari non può non fare un parallelismo con la strage di Monreale o con l’ultimo, sconvolgente, episodio di cronaca nera che ha macchiato la movida palermitana: l’omicidio del 21enne Paolo Taormina, freddato con un colpo di pistola alla nuca in via Spinuzza. Un episodio che ha riportato alla luce un livello di violenza inaudito, con il reo confesso che ha giustificato il possesso dell’arma dicendo che “Palermo è una città violenta”.

“Sono disperata”, confida la signora Vicari. “Francesco era un bonaccione, lo chiamavano il gigante buono, non meritava questa fine. Non la merita nessuno. Quello che mi addolora è vedere come la società stia andando in pezzi. Siamo circondati da una violenza cieca e gratuita. Purtroppo, la tragedia di mio figlio si ripete, come è accaduto con il povero Paolo Taormina, ucciso in pieno centro per futili motivi e con una brutalità disarmante. Quante madri dovranno piangere ancora? Questi fatti ci gridano che la nostra è una società malata che non riesce più a tutelare i suoi figli dalla violenza. Non si può uscire di casa e non fare più ritorno, che sia per un calcio in testa o per una pallottola. Serve una riflessione seria, che parta dalla scuola, dalle famiglie, dalle istituzioni. Non possiamo più voltare lo sguardo“.

La battaglia di Daniela Vicari e della sua famiglia non è solo per la memoria di Francesco, ma si fa simbolo della richiesta di una giustizia più severa e, soprattutto, di un urgente intervento culturale e sociale per disinnescare questa “cultura della violenza” che affligge le nuove generazioni. La speranza è che il processo che seguirà, fissato per il prossimo 13 novembre, possa non solo fare piena luce sulla dinamica dei fatti, ma anche dare un segnale forte contro la violenza giovanile che dilaga, prima che altre madri debbano affrontare lo stesso, insopportabile, dolore.

Voglio solo giustizia per il mio Francesco”, conclude Daniela Vicari. “E voglio che la sua morte non sia stata vana, che serva a risvegliare le coscienze. Per Francesco, per Paolo, e per tutti i ragazzi che non ci sono più“.

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