PALERMO. Un muro della legalità nel quartiere Capo. Si trova in via San Gregorio, in prossimità della Caserma dei Carabinieri G. Carini. È questa l’iniziativa che, nata dall’idea di Pippo Falcone, vede il coinvolgimento attivo degli artisti dell’associazione culturale Calapanama nella realizzazione dei volti dei caduti nella lotta contro la mafia e di alcuni personaggi della letteratura siciliana. Con i suoi 65 metri di larghezza e 2.35 di altezza, diverrà il muro della legalità più lungo d’Italia.
La nascita dell’idea
Dal grigiore di un muro incurato e privo di vivacità alla valorizzazione del senso vivo della memoria attraverso l’impegno e la dedizione degli artisti dell’associazione culturale Calapanama che lo faranno diventare un luogo che susciterà agli abitanti della città e ai turisti, delle emozioni indelebili rendendo ancor più “immortali” tutti coloro che hanno lottato fino alla fine per la legalità e la giustizia per le generazioni siciliane dell’oggi e del domani. È su queste basi che nasce l’idea di “animare” questo muro, ancora in fase di realizzazione per fare riflettere i giovani e meno giovani all’insegna dei valori da accrescere nella società contemporanea: “Questo muro nasce dalla mia idea – riferisce Pippo Falcone –. Sono nato in questa zona e vedevo questo muro che era fatiscente e da lì mi venne l’idea di fare il muro della legalità in onore dei caduti nella lotta contro la mafia grazie al prezioso aiuto degli amici dell’associazione Calapanama, molto attiva nelle tematiche sociali. Siamo riusciti ad avere le autorizzazioni della sovrintendenza e la collaborazione, con le istituzioni comunali e alcuni sponsor che ci hanno fornito il materiale per la realizzazione”.
Le emozioni degli artisti
Un forte senso di responsabilità che sovraccarica emotivamente l’impegno degli artisti coinvolti. È ciò che si deduce dalle parole di Antonino Sancarlo, uno degli artisti partecipi di tale iniziativa: “Alcuni anni addietro avevo partecipato a un concorso su Ninni Cassarà organizzato dalla madre, vincendone il primo premio – riferisce Sancarlo –. Vedermi arrivare la moglie di Ninni Cassarà mi ha suscitato delle emozioni inesprimibili a parole, soprattutto quando lei mi ha chiesto di poter raffigurare il marito – prosegue Sancarlo –. Abbiamo dunque provveduto con i colleghi a trovare la posizione adatta e sarò io stesso a rappresentarlo”.
Un entusiasmo che coinvolge soprattutto i bambini del quartiere che avvicinandosi al muro interagiscono con gli artisti rendendoli più partecipi al binomio arte e memoria: “Da qui passano i bambini che escono dalla scuola e io in quanto artista, faccio dipingere i bambini che apprezzano e mi portano affettuosamente delle caramelle e dei biscotti – dichiara Sancarlo –. La cosa importante è per l’appunto la partecipazione dai più piccoli ai più grandi e tutto ciò mi sta coinvolgendo emotivamente suscitando in me un forte senso di forza nel poter realizzare le mie opere”.
“Il nostro “cantiere” – riferisce Totò Calò, direttore artistico dell’opera – si avvale dell’opera di 18 pittori dell’Associazione culturale CalaPanama, che hanno ritratto le vittime della strage di Capaci e di Via D’Amelio e i giornalisti che sono stati uccisi per aver divulgato i crimini di mafia, nonché Andrea Camilleri e Leonardo Sciascia per aver precorso i tempi denunciando nei loro scritti la presenza della mafia prima ancora che venisse riconosciuta dalle istituzioni. Tra un personaggio e l’altro, continua Calò, svolazzano dei fogli che fanno pensare paradossalmente ai “pizzini” che nel gergo della criminalità organizzata erano messaggeri di illegalità, ma nel nostro murale divulgano invece messaggi di legalità riportando le frasi più celebri pronunciate da alcuni personaggi di spicco della lotta alla mafia“.
Molto emozionante la dichiarazione di Emilia, la figlia dell’agente Agostino Catalano, morto nella strage di Via D’Amelio ritratto sul murale dal pittore Aurelio Cartaino, “Non è soltanto il Muro della legalita… è molto di più: è un “trionfo della vita” sulla morte. Pubblichiamo a seguire un estratto della sua lettera al padre.
Non poteva mancare nel muro il ritratto della fotografa Letizia Battaglia, recentemente scomparsa. “Ho provato una grande emozione nel realizzare il ritratto di Letizia – riferisce la pittrice Caterina Trimarchi -, perché oltre ad essere una fotoreporter di fama mondiale, è un esempio di riscatto della condizione femminile per aver conquistato la propria libertà attraverso il suo lavoro. In una intervista la Battaglia ha dichiarato di essere rinata dal momento in cui ha preso in mano la macchina fotografica“.
Accanto a lei sono raffigurati i giornalisti che hanno pagato con la loro vita il coraggio di denunciare i crimini di mafia: Peppino Impastato e Pippo Fava, ritratti sul murale dagli artisti Jole Spasari e Vincenzo Roberto Gatto.
L’intera squadra di pittori, di cui fanno parte anche Salvo Maltese, Simonetta Genova, Giusy Megna e Armando Guarneri – riferisce la pittrice Mariella Ramondo – “ha lavorato con entusiasmo e dedizione per raffigurare i personaggi assegnati“. “Non è la prima volta che ritraggo Paolo Borsellino – riferisce Giovanni Messina, noto ritrattista palermitano -, ma ogni volta è una nuova emozione“.
“Sin dall’inizio dell’opera – afferma il pittore Domenico Guzzetta -, abbiamo avuto la meravigliosa sensazione di compiere qualcosa di grande… quel muro anonimo, con il passare dei giorni, andava perdendo la sua materialita’ aprendo un varco verso la speranza che il sacrificio di quelle vittime non sia stato vano“. “A dimostrazione di ciò – continua Antonino Gambino -, i consensi e la gratitudine della gente comune che passando dal murale, continua apprezzare il nobile contributo che l’Associazione CalaPanama, di cui sono Presidente, offre alla città di Palermo. Si ringraziano tutti gli artisti che hanno dato il loro contributo per il completamento del muro per la parte che fa da sfondo ai ritratti“.
Lettera di una figlia al padre
Un muro? No, un trionfo della vita sulla morte, una vittoria della legalità contro le mafie e la criminalità organizzata per la società. Emilia Catalano, figlia di Agostino Catalano, attraverso questa lettera al padre, ne rende viva la memoria e lancia un messaggio alla società civile palermitana di cui ne pubblichiamo un estratto:
“Da tanti anni la mia casa è piena di ricordi, tra foto, suoni, gesti e ricorrenze. Anni di silenziose riflessioni, momenti cupi, periodi di angosce, ferite a tratti sanguinanti. Sì perché quando una figlia quando perde il padre in quelle circostanze, solo perché era schierato dalla parte dei giusti, solo perché credeva nell’amore per la libertà, perché lui come gli altri componenti della scorta del giudice Paolo Borsellino hanno pagato con la morte un ideale che era quello di liberare la società dalla morsa della criminalità organizzata. Oggi sono una donna, ieri ero ancora una bambina e Caro Papà quella bambina quando va in giro per le strade di Palermo e vede su un muro il tuo viso non fa che farmi sentire orgogliosa di chiamarmi Emilia Catalano, figlia di Agostino Catalano Sono passati quasi trent’anni e quando vedo una tua immagine, oggi pubblica, nel profondo mi scatta una forma di rinascita, come se quella bambina fosse portata per mano per le strade di Palermo, una sorte di sconfitta della morte fisica, come se tu fossi ancora in vita tra le strade di Palermo. Ecco perché qualche giorno fa mi scattarono una foto nel tuo murales, e d’istinto unì le mani simboleggiando il cuore segno di amore e continuità. Scrivo queste poche righe di getto sperando che la gente che si soffermerà a guardare il murales colga fino infondo, che dietro a quei volti si racchiudono storie di dolore di affetti di amore di figli mogli, ecc. ecc.”