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giovedì, 1 Maggio 2025
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Riapre la necropoli di Solunto: interventi di riprestino a cura di chi sconta pene alternative al carcere

L'amministrazione comunale di Bagheria, insieme alla Caritas e agli Uffici di esecuzione penale esterna, ha coinvolto otto persone alla manutenzione ordinaria del parco

Caterina Ganci
Caterina Ganci
Giornalista pubblicista, laureata in Comunicazione pubblica, collaboro con diverse testate online. Amo il mare, il suo profumo e le sfaccettature dei suoi colori. Non penso che potrei vivere in un posto diverso dalla Sicilia! La nostra Isola è bella e ricca di cultura, storie, tradizioni e se è vero che “la bellezza salverà il mondo" io voglio continuare a cercare, osservare e raccontare le nostre meraviglie con la passione forza motrice necessaria per una giornalista
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BAGHERIA. Sono 220 le sepolture scavate nella roccia calcarenitica che sono state portate alla luce alla fine dell’Ottocento da Antonino Salinas e da Francesco Saverio Cavallari, in occasione dei lavori per il tracciato della linea ferroviaria a Santa Flavia, in provincia di Palermo. E dopo oltre quindici anni si potranno nuovamente visitare.
Riaperta la necropoli punica di Solunto, sul Monte Catalfano, a circa due chilometri da Santa Flavia, un patrimonio archeologico restituito. Una notizia di cultura ma che ha anche del sociale: gli interventi di ripristino, eseguiti grazie all’accordo tra il Parco archeologico di Himera, Solunto e Monte Iato e il Gal Metropoli Est, diretto da Salvatore Tosi, hanno coinvolto la Caritas di Bagheria con alcune persone che stanno scontando la pena detentiva alternativa e il Comune di Santa Flavia.

Per favorire percorsi di reinserimento, l’amministrazione comunale di Bagheria, insieme alla Caritas e agli Uffici di esecuzione penale esterna, ha coinvolto otto persone alla manutenzione ordinaria del parco. “Cultura è libertà – commenta Emanuele Tornatore, assessore di Bagheria e uno degli archeologi che ha seguito i lavori giovani e adulti protagonisti di un momento importante. Le attività alternative sono uno strumento utile che restituisce valore alle persone. Nei loro volti e in quelli dei loro familiari si leggeva l’orgoglio di aver fatto qualcosa di bello per la collettività. A un primo momento formativo – spiega – è seguito un sopralluogo e poi la pulitura archeologica”. “Un’esperienza che ha lasciato il segno – aggiunge Mimma Minà, direttrice della Caritas di Bagheria – in tutti i percorsi di riparazione del danno l’esperienza di prossimità, i lavori sociali hanno un’impronta importante. Chi finisce di scontare la pena resta spontaneamente a fare volontariato, questo vuol dire che l’iniziativa ha lasciato un segno. Ha effetti importanti nella coscienza e nella consapevolezza di ognuno di loro. L’attenzione al bene comune è uno dei messaggi che cerchiamo di trasmettere“.

Un modello che funziona e che Bagheria intende replicare: “Speriamo di continuare con il Parco archeologico e il Uepe – concludono Tornatore e Minà – per far tornare fruibile il patrimonio inutilizzato“.
Per la Caritas di Bagheria non si tratta di un’iniziativa nuova, uomini e donne svolgono volontariato da qualche tempo anche in altre realtà. Al momento sette sono impegnati nella mensa della solidarietà, altre sette persone nel centro solidale e tre inizieranno presto a svolgere attività nell’ambulatorio medico solidale.
I lavori di ripristino del sito sono stati condotti sotto il controllo degli archeologi Emanuele Tornatore, della società Walk About e Laura Di Leonardo, funzionaria del parco.
La riapertura dell’area della necropoli di Solunto – sottolinea l’assessore regionale dei Beni culturali e dell’identità siciliana, Elvira Amataassume un significato particolare perché rappresenta un momento di recupero dell’identità di un territorio. La riappropriazione di un bene culturale, che vede l’intera comunità partecipare attivamente, è un’occasione straordinaria di recupero del passato e di costruzione di una nuova narrazione. I parchi archeologici devono sempre più agire da catalizzatori dell’offerta culturale creando le condizioni perché possa svilupparsi un’economia locale sostenibile e ricettiva nei confronti di una domanda sempre più attenta ai dettagli”.
Il successo dell’iniziativa che ha visto all’inaugurazione un grandissimo numero di visitatori – sottolinea il direttore del parco, Domenico Targia va esteso al Comune di Santa Flavia che ha contribuito alla pulizia straordinaria dell’intero quartiere in cui ricade la necropoli e con il quale è già in corso una preziosa collaborazione per una maggiore valorizzazione dei luoghi”.

Le tombe, scavate nella roccia secondo le tre tipologie normalmente associate alle inumazioni, sono orientate per lo più in direzione est-ovest. Il tipo di tomba prevalente è quello a camera ipogeica con accesso da est, preceduta da uno spazioso dromos (corridoio d’ingresso) a gradini. La tomba a camera è per lo più di tipo “familiare” utilizzata per varie generazioni da età classica fino a epoca ellenistica. Tra i materiali rinvenuti in questo settore, oggi conservati al museo archeologico regionale Salinas di Palermo, si possono trovare alcune tanagrine, ovvero statuette femminili colorate di età ellenistica datate intorno al III-II secolo a.C. La tomba a camera presenta forma quadrangolare ed è chiusa da un lastrone di pietra; al suo interno si trovavano un letto funebre e una nicchia. All’esterno, sul lato meridionale del dromos, si trova una banchina utilizzata per il rito funerario o per accogliere altre sepolture. Sempre nel dromos potevano trovare posto tombe a enchytrismòs, ovvero sepolture infantili a inumazione dentro grandi anfore. Altro tipo di tombe che si trovano nella necropoli di Solunto sono quelle a “cassa” lungo il cui perimetro è predisposto un incasso per il posizionamento dei lastroni di copertura e quelle a semplice fossa rettangolare con fondo piano, di varie dimensioni, di solito usata per inumazioni infantili. In genere erano tombe ricoperte da lastre di terracotta.

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