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giovedì, 16 Ottobre 2025
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Mediterranea Saving Humans, fermo amministrativo. Marmorale: “Sadismo istituzionale”  

La presidente dell'ong ai nostri microfoni: "Nei primi otto mesi del 2025 sono morte 400 persone e 318 sono disperse nel Mediterraneo. Sono rimaste solo le ong a presidiare questa frontiera"

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di Gabriella Debora Giorgione
TRAPANI

Fino a diecimila euro di “multa” per avere attraccato a Trapani invece che a Genova per mettere in salvo dieci persone, tra cui tre minori non accompagnati, nella notte tra mercoledì e giovedì scorsi al largo delle coste libiche. Si chiama “fermo amministrativo”, ma per la presidente di Mediterranea Saving Humans, Laura Marmorale, che abbiamo intervistato, si tratta di «un atto ritorsivo» che mostra il «fallimento totale della gestione della politica migratoria in questo paese nella Comunità Europea»

Presidente Marmorale ci spiega cosa significa un “fermo amministrativo” per una Ong come “Mediterranea”?

Un fermo amministrativo comporta, da un punto di vista umano, la consapevolezza straziante che mentre tu sei fermo, anzi costretto a stare fermo in un porto fino a quando lo stabilisce un provvedimento amministrativo, in quello stesso specchio di mare dove operi possono succedere situazioni anche drammatiche e può anche capitare che qualcuno perda la vita. Sicuramente, c’è anche lo strazio della consapevolezza che in quel momento non c’è nessuno ad osservare, a testimoniare, a monitorare e ad intervenire qualora fosse necessario.

In che senso testimoniare e monitorare?

Da un punto di vista strettamente tecnico, il dramma di questi tempi in realtà è proprio questo: le organizzazioni della società civile sono rimaste le uniche a monitorare e a sorvegliare quello specchio di mare, quella frontiera.

Sotto il profilo legale, invece, cosa comporta un “fermo amministrativo”?

Laura Marmorale

Un fermo comporta innanzitutto un intervento importante in termini di spese legali, perché vanno attivati tutti i circuiti necessari per ricorrere contro questo tipo di provvedimento a tutela del comandante e dell’equipaggio, ma anche della nave stessa e dell’intervento compiuto. Ovviamente, un fermo amministrativo, per come è stato codificato dal ministro Piantedosi, comporta anche una sanzione pecuniaria. Una multa, di fatto, che grava pesantemente sulle capacità di organizzazioni, come Mediterranea Saving Humans, che si sostengono principalmente con il contributo di donazioni. Quindi questo significa dirottare risorse faticosamente raccolte verso spese legali e pagamenti di multe piuttosto che in carburante per raggiungere persone in difficoltà. Ma la cosa più grave, credo risieda nel tentativo di criminalizzare gli interventi di soccorso e chi li compie, associandoli nell’immaginario collettivo e nella giurisprudenza ad azioni penali. Insomma, diventa un reato soccorrere persone e trarle in salvo da morte certa.

Secondo lei è solo una risposta ad una “disobbedienza” oppure una reazione ad una “sentenza”?

Noi lo riteniamo un atto ritorsivo, non solo e non tanto verso la nostra azione di disobbedienza nel rifiutare totalmente l’assegnazione di un porto lontano per sole dieci persone, che per noi potevano essere anche cento e che comunque avevano bisogno di essere accompagnate nel porto di sbarco sicuro e più vicino. In realtà è un provvedimento “ritortivo” che si riperpetua continuamente contro le organizzazioni della flotta civile. Ricordo che la Ocean Vicking, che dopo di noi aveva chiesto un porto sicuro, ha ottenuto lo sbarco a Siracusa solamente perché ha avuto un’aggressione a mano armata da parte della cosiddetta “Guardia costiera libica”, altrimenti le sarebbe stato assegnato il porto di Marina di Massa. Ricordo che alla Humanity1 era stato assegnato il porto di Napoli nella settimana di Ferragosto. Insomma, è una prassi ormai consolidata che costringe non solo le navi a percorrere più di mille chilometri aggiuntivi rispetto al luogo del soccorso, ma che costringe le persone soccorse ad altri giorni di strazio e di navigazione quando potrebbero invece toccare terra in breve tempo e cominciare a ricevere soprattutto le prime cure necessarie. Penso che si tratti di una vera e propria opera di sadismo istituzionale che ha a che fare non con la tutela dei confini né col governo dei flussi migratori, ma con azioni repressive di respingimento che diciamo individuano le persone fragili come capro espiatorio per un fallimento totale della gestione della politica migratoria in questo paese nella Comunità Europea.

Quante vite salva, in un anno, Mediterranea?

È sempre difficile per noi rispondere a questa domanda: da un lato, perché le variabili di incontro delle persone nel Mediterraneo centrale sono moltissime e dipendono da tanti fattori che ne fanno cambiare continuamente il numero a seconda anche del periodo dell’anno, delle condizioni meteo, della grandezza dell’imbarcazioni. Dall’altro, perché per noi vale anche una un’unica e una sola vita intercettata in mare. Invece mi piacerebbe con lei ribaltare il paradigma e interrogarci su quante persone hanno perso la vita in un anno. I dati dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni-Oim ci dicono che nei primi otto mesi del 2025 sono morte 400 persone e che 318 sono le persone disperse. Quando noi parliamo di morti parliamo di corpi che sono stati recuperati, quando noi parliamo di persone disperse parliamo di persone di cui conosciamo la partenza, ma non abbiamo più notizia né di un arrivo né del ritrovamento di un corpo. Ebbene Io credo che sia impossibile pensare che 318 persone che sappiamo si sono imbarcate dalle coste della Libia o della Tunisia e che non sono mai arrivate, dopo otto mesi possano essere ancora considerate disperse. Credo che quelle 318 persone ingrosseranno le fila del conteggio dei morti. E queste sono solamente le persone di cui abbiamo contentezza. Non sappiamo niente di chi non è tracciato, di chi non ha fatto in tempo o non ha avuto modo di dare notizia della sua partenza e quindi resterà un fantasma nel Mediterraneo centrale. Credo che in questo momento per come è gestita la presenza, e l’assenza, del soccorso in mare si dovrebbe parlare della conta dei morti purtroppo.

La società civile come può aiutare Mediterranea e, in genere, una Ong?

La società civile, i cittadini e le singole persone possono aiutare “Mediterranea saving humans”, come le altre organizzazioni della flotta civile, indubbiamente diventando un megafono e un moltiplicatore delle nostre esperienze e delle nostre testimonianze. Riuscire a raccogliere testimonianze e a diffonderle, intervenendo laddove si diffondono fake news, informazioni sbagliate e luoghi comuni sulle persone in movimento, sui migranti, su chi opera il soccorso e su chi fa operazioni umanitarie: ecco “raccontare” è diventato il grimaldello per smantellare la gestione scellerata delle politiche migratorie di questo di questo Paese. Questa è la prima azione che o qualsiasi cittadino può fare: supportarci, affiancarci e aiutarci a far cadere quel velo di mistificazione che c’è intorno alle persone migranti in questo Paese che tanto serve per far avanzare le politiche repressive e liberticide a cui in questo momento si sta mettendo mano. E poi, sicuramente, supportarci nella raccolta fondi e nella possibilità di aiutarci a tornare lì dove è necessario. Noi abbiamo un motto che usiamo dirci fra di noi all’interno di Mediterranea: “Noi siamo nati per scioglierci”. Non dovrebbe esistere un’organizzazione della società civile che si mette insieme per tentare di mettere una toppa a una carenza gravissima da parte dello Stato.

Il soccorso a partire dallo Stato, dunque…

Esatto. E lo Stato dovrebbe ritornare ad appropriarsene e compierlo perfettamente. Noi non dovremmo inventarci armatori e marinai per poter fare quello che non viene fatto più. Ogni vita umana conta e dovrebbe essere la priorità di ogni stato democratico.

Foto: ufficio stampa Mediterranea Saving Humans

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