PALERMO. Tante persone continuano a vivere in strada da invisibili. Come si possono aiutare prima che vadano completamente fuori di testa? La situazione è drammatica e molto complessa perché, purtroppo, le risposte non sono sufficienti ai bisogni. Trascorro una sera con i volontari dell’Unità di Strada dell’associazione LeAli che, oltre a distribuire beni primari (cibo, acqua, coperte e vestiti), ascoltano chi soffre, donando sorrisi, mani e abbracci. Loro, il martedì sera, raggiungono 50 persone mentre un’altra associazione ne raggiunge altre cinquanta in un’altra parte della città. Purtroppo si continua a morire sotto la forte indifferenza sociale.
Franco, a soli 56 anni, la mattina dello scorso 18 dicembre, è stato ritrovato senza vita, sotto i portici di via Francesco Crispi. Era una persona buonissima e benvoluta da tutti; da circa quattro anni si muoveva nella zona di piazza Tredici Vittime. La prima tappa è proprio la villetta di questa piazza, dove alcuni dormono nelle panchine, attrezzate a letto.
Dopo avere scambiato qualche parola con Diego che, per effetto dell’alcol, era particolarmente euforico, incontriamo, con il suo cagnolino, seduto nella sua panchina – con berretto di lana, calzettoni e coperte – Nino che ha 62 anni. Con i lavori per il molo trapeziodale, Nino è stato costretto a lasciare la vecchia roulotte in cui viveva.
“Non si può vivere cosi. Quando piove mi copro con questo telone cerato per camion. Non posso andare in un dormitorio perchè non posso abbandonare il mio cane Camilla – dice Nino -. Lei per me è come una figlia. Ci vorrebbe un centro di accoglienza in cui si possano portare anche gli animali che vivono con noi. Conoscevo Franco che ho visto la sera prima che morisse. Era una persona brava”. “Ogni settimana incontrare Franco era una gioia ed uno strazio insieme – aggiunge Maddalena Rotolo dell’associazione LeAli -. Ricordo che alcuni mesi fa, aveva pure tentato il suicidio perché si stava per buttare dal ponte di via Crispi. Franco beveva ed era stanco di soffrire gli stenti estremi di una vita tutta in strada; era una persona molto fragile e, ogni volta, non c’era sorriso senza lacrime. Le sue ultime parole per me sono state ti voglio bene“.
Sotto i portici dell’istituto nautico ci sono due persone del Bangladesh che vorrebbero andare al dormitorio ma non c’è posto. Il più giovane si chiama Shein e ha 35 anni. “Dopo la morte della persona anziana di cui ero il badante, non ho trovato più lavoro – racconta -. Aiutatemi a trovarlo perché so fare tante cose”. Sono soli e tristi ma sorridono e ringraziano i volontari. Proseguiamo per via Messina Marine, arrivando davanti alla struttura abbandonata collegata al vecchio pontile di legno, davanti al mare di Romagnolo. E’ tutto buio ed entriamo dentro questa struttura, ricoperta da tende. Incontriamo Cristina e Marek. Sono una coppia. Lei è veneta e lui è slovacco. “Abbiamo due cani e cerchiamo un camper, una stanza o un monovano che potremmo pagare – dice la donna -. E’ tutto difficile perché nessuno si fida. Il mio compagno ha bisogno di cure per la cirrosi epatica. Siamo persone dignitose e vogliamo migliorare la nostra vita”.
Andiamo alla stazione centrale dove in tanti si avvicinano. C’è chi vive in macchina e chi in alloggi poveri di fortuna. Paolo ha 48 anni ed è quasi senza denti. Lui ci indica la macchina in cui dorme assieme ad altre due persone. Sotto i portici, invece, avvolto nelle sue coperte c’è Salvatore di 75 anni che ci dice che ha una famiglia ma, purtroppo, ha rotto i rapporti con tutti. Vivere in strada può incattivire, fare andare fuori di testa oppure fare disperare e scoraggiare.
In fondo ai portici, a terra con cartoni e coperte, ci sono altre due persone. A parlare con noi è Hichem, un uomo tunisino con lo sguardo profondo e triste. “Io mi chiamo zero perché per gli altri sono considerato zero. Quando vi vedo sto bene – dice con le lacrime agli occhi -. Dio ci aiuta sempre perché vuole bene a noi poveri della strada. Maddalena è per me mamma, papà, fratello e sorella. A volte bevo ma lo faccio per non sentire freddo e per riuscire a dormire”. E’ un momento di grande commozione per tutti che si conclude con un abbraccio lungo e forte tra Ichem e Maddalena.
Si prosegue per la villetta della stazione dove ci sono tanti giovani magrebini. Le ultime tappe sono Ballarò dove, accanto la chiesa di Casa Professa, in mezzo ad un cumulo di rifiuti, dorme il ghanese Levis e poi lo scivolo dell’ingresso della metro di piazza Indipendenza dove ci sono altre persone.
“E’, purtroppo, ancora difficile aprire un centro che preveda gli animali a seguito – dice Maddalena Rotolo, dal 2014 impegnata ad aiutare i senzadimora -. Ci sono, inoltre, molte persone che, a causa dell’alcol o di altre dipendenze, non vengono accolte nei dormitori. Bisognerebbe pensare a realizzare dei centri dedicati proprio a loro, che sono i più fragili tra gli ultimi, senza aspettare che muoiano per strada come Franco e altri ancora. La speranza deve partire da altri progetti e dalla consapevolezza che il sistema dei dormitori non basta più. Ricordo Abdul, un uomo marocchino che, dopo un ricovero per ictus, e un periodo in una Cta, alla fine finì in strada perchè senza casa. Pur essendo in sedia a rotelle, è stato due mesi a vivere in strada sotto il caldo cocente, la pioggia e il freddo. Solo a luglio, trovandolo in uno stato fisico molto brutto, gli hanno trovato un posto letto in una struttura”.