di Elena Galimberti
PALERMO. Dopo una notte di riposo ripenso all’esperienza appena vissuta del viaggio da Palermo a Milano e rivedo alcune scene che mi hanno colpito. Premessa: a causa di un incendio nell’aeroporto di Catania tutto il flusso aereo dell’isola siciliana è in forte emergenza.
Io sono stata fortunata dovendo partire da Palermo il 20 luglio pomeriggio e rientrando ieri in serata ma ho condiviso la giornata con persone (tra cui ovviamente stranieri confusi, bambini e anziani) sballottate sull’isola da lunedì/martedì senza sapere dove e quando sarebbero partite, spostandosi in autonomia e arrangiandosi come possibile. Si sono create piccole comunità e “amicizie” tra loro e si sono ritrovati tutti al mio stesso volo.
Tra gli errori principali sicuramente la quasi totale e assoluta mancanza di comunicazione. Nessun supporto o informazione. Aeroporto di Palermo in forte stress a causa dell’afflusso tra caldo, blackout e mancanza d’acqua fresca ai distributori. Dopo un ritardo previsto di 4 ore e dopo un’attesa al gate, all’improvviso il passaparola dice che non partiremo più mentre partirà il volo successivo al nostro sempre per Milano. Da quel momento il caos con assalto al gate dell’altro volo.
Il caldo e la stanchezza portano allo scontro con chi alla fine nulla c’entra. Arriva la polizia che oltre a sedare la “sommossa” fa in modo che qualcuno pensi anche a noi. La faccio breve: dalle 22.30 alle 2.30 di notte collocano un centinaio di persone in hotel vari (per poi venirci a prendere alle 9). In quelle circa 10 ore insieme (caldo e disagio a parte) ho vissuto e condiviso attimi di solidarietà che mi ricordano che unirsi aiuta sempre (purtroppo accade nei momenti di difficoltà e non nel vivere quotidiano) e ci ricorda il nostro essere sociale come comunità.
Chi aveva acqua in più l’ha distribuita, chi aveva del cibo che aveva acquistato da portare a casa, l’ha condiviso (con l’aiuto del coltello di un gentile poliziotto che ci è stato di supporto anche con acqua e sigarette). Altri istanti come la lettura dei nomi dei passeggeri per l’assegnazione hotel, le grida di gioia e sollievo quando finalmente hanno annunciato l’apertura del gate, ieri (nuovamente in ritardo).
Il post è già troppo lungo e io racconto meglio con le fotografie che con le parole ma mi sentivo in “dovere” di ringraziare oltre ai miei compagni di viaggio, chi nell’aeroporto ha lavorato e fatto sforzi in più per cercare di sopperire alle mancanze gestionali superiori. Chi nonostante turni saltati e condizioni difficili ha cercato comunque di darci una mano. Il loro piccolo contributo ha fatto la differenza. E ritorno sulla questione di unirsi per uno scopo comune, per difendere i propri diritti perché nel nostro caso ci è stata fornita assistenza in quanto gruppo ma tanti altri dormivano lì per terra e hanno dormito, i giorni precedenti, perché da soli a chiedere aiuto.
Le denunce e i rimborsi verranno chiesti nelle sedi opportune ma nel frattempo rimanere umani e trovare un modo per vivere ogni esperienza in una chiave positiva è la cosa migliore. Chiudo con la frase del papà di Viola che ha condiviso il vassoio di cibo la notte, e la mattina dopo commentava la bellezza dell’hotel dove erano stati portati: “Vedi? Aiutare gli altri ti torna sempre indietro!”.
Vero e ci crederò sempre che condividere quello che si può ci farà vivere meglio. E ora mi tuffo nelle fotografie scattate nei dieci giorni tra Palermo e Catania a incontrare associazioni e persone che tutti i giorni provano a fare questa differenza.