di Rosi Pennino
PALERMO. Oggi, in punta di piedi, afferro e rubo questo spazio, per lasciarmelo scivolare tra le dita in un giorno speciale. Il 13 settembre è nata nostra figlia Sara. Non lo avrei fatto per altri compleanni, ma questo è uno di quelli che segnano il cammino, perché oggi compie 23 anni, e alla stessa età io ero incinta proprio di lei.
Sara è nata quando io avevo 24 anni e il suo papà 27, non è semplice essere genitori a quell’età, non lo è mai probabilmente, ma certamente a quell’età sei certamente non attrezzato per affrontare sfide, responsabilità e stravolgere la tua vita. Eppure la notizia dell’arrivo di Sara fu, per noi, solo motivo di felicità, fino a quando il viaggio intrapreso non ci portò lungo la strada dell’autismo.
Il dolore fu fortissimo, la ricerca di equilibrio, le rinunce di donna e lavoratrice totali, e le cose da imparare e cambiare, ci continuano ad accompagnare in ogni istante della nostra esistenza. Ma oggi, nel giorno del suo 23esimo compleanno, sento il bisogno di scrivere alla piccola grande donna che è cresciuta dentro di lei, oltre l’autismo, come se per un istante, chiudendo gli occhi, potesse leggermi, esattamente come faceva quando era dentro di me.

Cara Sara,
la tua nascita nelle nostre vite ha cambiato tutto, direzione, sogni, aspettative, modo di guardare al mondo ed agli altri. Insieme abbiamo affrontato tempeste, cieli apparentemente sereni, nuovi traguardi a cui mirare, ho maledetto e odiato l’autismo a fasi alterne, siamo cadute 10, 100, 1000 volte, per poi rialzarci, insieme ogni volta, e ad ogni partenza amare ogni singolo tassello di quella vita fatta di sfide quotidiane e bellezza, realizzando una profonda connessione che va oltre le parole. Mi hai insegnato a guardare il mondo con occhi diversi, a comprendere il silenzio (sfida ardua per me!) e a gioire di ogni piccola grande vittoria.
Vedo scorrere attraverso questi tuoi 23 anni, migliaia di frammenti, dalle canzoni di Samuele Bersani, che servivano per farti addormentare alle notti insonni, passando attraverso i tuoi primi passi, i vai e vieni dall’ospedale per via dei tanti e numerosi ricoveri; la prima volta che mi hai chiamata mamma, in mezzo a quelle piccole stranezze che solo dopo tempo ci hanno rivelato ciò che non volevamo vedere.
Quanti giorni in giro in auto per passare da una “terapia” all’altra, quando ancora neppure la parola autismo era conosciuta ai più, quanti viaggi della speranza con il desiderio di sentirci dire che si erano sbagliati, per poi tornare a casa con l’ennesima conferma, quante ore durante il primo anno di scuola passate dietro la porta della classe o parcheggiata in auto fuori, con la paura di saperti sola, muta, indifesa e incapace di chiedere anche l’acqua.
Nei primi sei mesi dalla diagnosi non avevo neppure il coraggio di fare istanza di invalidità civile, quasi come se vederlo scritto in un verbale lo facesse diventare un punto di non ritorno. All’inizio del cammino una continua scoperta nel tentativo di trovare la giusta direzione, che una volta intrapresa abbiamo seguito senza riposo; ricordo come fosse ieri l’angoscia nel giorno in cui sei diventata donna, ciò che per molti è gioia, fu per me l’ennesimo cambiamento e l’ennesima strada tutta in salita.
A volte le forze mancavano a tal punto che avrei solo voluto strappare la tua diagnosi e ripetere a me stessa che sarebbe passato punto e basta, ma poi arrivavi tu, con i tuoi traguardi fatti di tenacia e sacrificio, come quando iniziasti nuovamente a sussurrare delle parole spezzando il silenzio in cui ti aveva imprigionato l’autismo, e allora di nuovo in marcia, per sostenerti, aiutarti ed essere li pronta ad andare oltre verso un altro obiettivo.
Nel periodo più difficile della tua vita, quello del passaggio tra l’adolescenza e l’età adulta, che segna la vita di tanti ragazzi autistici, l’esplosione, credevamo di averti perduta, questa volta dissi: l’autismo me l’ha portata via per sempre, inghiottendola in un buio senza fine; proprio in quei giorni, in una delle notti infinite, ti sognai, eri bambina, avvolta da lenzuola bianche sul letto con me, con voce nitida e chiara dicevi: “mamma, a volte per rinascere, bisogna prima morire”.
La mattina seguente mi alzai con nuove energie, ero pronta a combattere questa ennesima battaglia, ma questa volta con la serenità di aver finalmente accettato l’autismo. Abbiamo vinto, e sebbene in un modo diverso e perdendo molti dei traguardi raggiunti, sei tornata da noi. Da allora, il tuo modo di essere autistica lo abbraccio e lo accompagno, non ho smesso di combatterlo, ma ho imparato a guidarlo e a farmi guidare, hai insegnato tu la mia #RottaSoci@le.
La nostra storia, Sara, intrecciata a quella di tante altre persone che ci hanno sostenuto e amato e tante altre che impaurite dalla possibilità che l’autismo potesse essere contagioso (20 anni fa in maniera diffusa in tanti pensavano questo) sono sparite; persegue un cammino indissolubile, sei tu la mia amica di 23 anni, il mio specchio, la mia forza, la ragione per cui ho trasformato tutto quello che sapevo e potevo fare, in desiderio di costruire servizi e risposte per chi come noi vive la stessa dimensione.
Capita, mia dolce Sara, di perdermi in pensieri per i quali poi mi sento in colpa, ti immagino giovane 23enne a studiare fuori, a girare l’Europa, in giro per il mondo, a uscire insieme agli amici il sabato sera mentre guidi la tua macchina o mentre vieni da me perché soffri per un amore perduto, poi però mi scuoto e torno in me, ti guardo e vedo solo luce, amore e una vita ancora tutta da scoprire insieme, mano nella mano, mia giovane donna dal cuore di bambina.
Il tuo autismo ha trasformato nel tempo il mio impegno sociale e politico, me ne “fotto” di quelli che con cattiveria e senza un briciolo d’anima, ogni tanto mormorano: “usano l’autismo”, questi piccoli personaggi non hanno neppure idea di cosa ci sia dietro ogni passo fatto per cambiare le cose, quelle cose vissute sulla pelle, in tutti quei luoghi in cui ho imparato a battere i pugni e proporre soluzioni, rido quando sento taluni riempire le parole vuote della parola “inclusione”, solo chi lo vive ne conosce il significato vero e profondo.
Il tuo autismo mi ha fatto incontrare e mettere insieme la comunità di tante, tantissime altre famiglie, e insieme viviamo e costruiamo percorsi comuni disegnando servizi che possano cambiare le vostre vite, stringendoci nella paura comune del “che cosa sarà dopo di me”, ma insieme, siamo tutti più forti e meno soli.
In questo giorno, in cui ti vedo donna, sono io che ringrazio te, perché, ogni giorno, insieme a tanta stanchezza, mi restituisci sempre forza e ispirazione, attraverso la tua unicità rendi speciale la mia vita e quella di chi ti circonda.
Ti auguro e ci auguro un futuro fatto di serenità, in cui anche il dolore e la sofferenza per le persone che ami e che non ci sono più trovi pace dentro il tuo cuore, un futuro in cui in questa società in cui tutti si muovono indossando maschere, tu possa, invece continuare a essere te stessa, perché è proprio nella trasparenza della tua anima che brilli ogni giorno, mia piccola, grande Guerriera della luce.
Buon compleanno, Sara.
Io e il tuo papà Ti Amiamo più di ogni altra cosa al mondo.







