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martedì, 29 Luglio 2025
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Autismo e lavoro, a San Cataldo nasce il pastificio “L’Arte dei primi”

Dal progetto di vita al dopo di noi, cosa prevede l'iniziativa. Intervista ai responsabili della Cooperativa ConSenso di Caltanissetta

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CALTANISSETTA. A San Cataldo, una ridente cittadina in provincia di Caltanissetta, ha aperto i battenti lo scorso 26 giugno una nuova realtà che ha uno scopo ben diverso da quello che potrebbe sembrare, cioè commerciale, perché la nuova realtà, sostenuta dal Fondo di Beneficenza di Intesa San Paolo, nasce per dare alle persone con autismo la possibilità di accedere a percorsi di inserimento lavorativo e occupazionale assistito, grazie alle borse lavoro e alla formazione che certificherà le competenze di tutti coloro che ne saranno il cuore pulsante.

Responsabile del progetto “PASTA FrOLLE”, dal quale deriva ‘L’Arte dei primi’ è lo psicologo Francesco Lombardo, coadiuvato dalla psicologa e super visore Roberta Italiano con coordinatore il pedagogista e analista del comportamento Gaetano Terlizzi. E’ la ConSenso cooperativa sociale di Caltanissetta, dopo anni di studio da parte dei professionisti dello staff, che ha dato il via all’importante iniziativa.

Sito in via Crispi n.5 a San Cataldo, il pastificio, offre una vasta scelta tra i formati di pasta che hanno il sapore della tradizione autentica, della qualità gastronomica, della freschezza e dell’inclusione e già da subito, dato il successo dell’iniziativa, cresce nell’offerta dei prodotti affiancando ai vari formati di pasta lavorata con grani antichi e a chilometro zero i sughi freschi preparati dallo chef Giorgio Bellanca. A creare, insieme ai ragazzi che saranno inseriti a pieno titolo al pastificio, la pasta è Vincenzo Bellanca.

La valenza del progetto viene raccontata da coloro che, a vario titolo, lo hanno creato: gli psicologi Francesco Lombardo e Roberta Italiano e il pedagogista e analista del comportamento Gaetano Terlizzi.

Francesco Lombardo, come nasce ‘PASTA FrOLLE”?

“Nasce da bisogni collettivi e individuali: bisogni collettivi quali il recupero delle tradizioni culinarie e l’inserimento lavorativo di persone in condizioni di fragilità, nonché lo sviluppo della cultura di impresa; bisogni individuali relativi al benessere personale e alla dignità umana, allo sviluppo di conoscenze e abilità che favoriscono autonomie. Queste due tipologie di bisogni, in interazione tra loro, hanno spinto la cooperativa ConSenso a intercettare l’opportunità data dal Fondo di Beneficienza di Intesa San Paolo”.

L’idea del pastificio è stata automatica dopo aver pensato a un progetto di
inserimento lavorativo e occupazionale assistita o è stato un processo inverso?

“Non credo si tratti di una linearità tra causa ed effetto, quanto piuttosto di un insieme complesso di dinamiche; di certo, possiamo dire che il radicamento della cooperativa con il territorio, la cultura di impresa, la cultura di rete e le esperienze interdisciplinari dell’équipe di lavoro, sono gli ingredienti che mescolati hanno consentito di recuperare un’opportunità di impresa sospesa con la pandemia da Covid-19 e che oggi trova espressione con il pastificio “L’Arte dei Primi” e il progetto Pasta FrOLLE”.

Quali saranno gli step per l’inserimento delle persone con autismo e come si
svolgeranno? Risponde Roberta Italiano

“Il percorso di inserimento lavorativo rivolto a persone autistiche si articola su tre step: assessment, training e inserimento occupazionale accompagnato. La valutazione consiste nell’osservazione di comportamenti e competenze professionali di base o potenzialmente sviluppabili attraverso l’uso di test standardizzati a livello internazionale per la valutazione professionale”.

Ci può spiegare meglio? Entrando un po’ più nel dettaglio

“La fase di preparazione al lavoro si caratterizza come processo flessibile e personalizzato, strutturato in incontri individuali e/o di gruppo. Il training prevede la progressiva acquisizione di competenze o di abilitazione a nuove abilità sulla base del profilo emerso dalla valutazione tramite procedure basate sui principi dell’Analisi del Comportamento Applicata (ABA). Tra queste, il video modeling e la task analysis. La prima sfrutta la potenzialità dell’apprendimento osservativo attraverso l’esposizione ripetuta ad una videoregistrazione in cui un modello esegue il comportamento target, ossia che vogliamo insegnare. La seconda è la scomposizione di un compito complesso in passaggi più semplici.

Si passa successivamente all’inserimento diretto nell’attività commerciale con il supporto di un tecnico qualificato che si rivela come un facilitatore dei processi d’inclusione lavorativa a supporto dello sviluppo dell’autonomia del giovane, della sua responsabilità rispetto al ruolo e la consapevolezza di quello che andrà a svolgere sul posto di lavoro.

Parallelamente saranno condotti incontri periodici di team building al fine di migliorare la comunicazione e la collaborazione tra i dipendenti. Di fondamentale importanza è il coinvolgimento della famiglia. Il parent training, risulta pertanto efficace e da supporto alla pianificazione della transizione all’autonomia e all’età adulta del proprio figlio di cui il genitore ha un ruolo determinante”.

Gaetano Terlizzi, qual è stato il percorso che ha portato alla realizzazione di
questo progetto? Come si è arrivati a pensare che un pastificio fosse l’attività
giusta per le persone con autismo della ConSenso?

“Il percorso che ha portato alla realizzazione di questo progetto nasce da un’attenta osservazione delle reali potenzialità dei ragazzi con autismo e dal desiderio di offrire loro un’opportunità concreta, significativa e dignitosa. Alla base c’è l’esperienza quotidiana maturata all’interno della cooperativa ConSenso, che da anni lavora sul territorio con percorsi educativi e terapeutici personalizzati, improntati sul rispetto dell’unicità di ciascuno.

L’idea del pastificio è nata dall’incontro tra diverse riflessioni: la necessità di creare un contesto lavorativo stabile e strutturato, l’importanza delle attività manuali e ripetitive – particolarmente adatte alle caratteristiche di molti ragazzi con autismo – e il valore simbolico e sociale del “fare pasta”, un gesto familiare, radicato nella nostra cultura, che unisce e crea appartenenza.

A rendere possibile tutto questo è stato un processo graduale, fatto di ascolto, condivisione e visione. Abbiamo incontrato famiglie, esperti, imprenditori, e ci siamo lasciati ispirare dalle storie dei nostri ragazzi, immaginando uno spazio in cui potessero sentirsi parte attiva, produttiva e valorizzata. Il pastificio non è solo un luogo di lavoro: è una scommessa sull’autonomia, sull’inclusione reale e sulla bellezza del costruire qualcosa insieme, mettendo le mani in pasta, ma soprattutto mettendo in gioco la fiducia reciproca”.

Guardiamo al futuro, alla dignità lavorativa delle persone con disabilià, al
progetto di vita, al dopo di noi. Siamo sulla buona strada?

“Guardare al futuro con occhi sinceri significa riconoscere i passi avanti fatti, ma anche avere il coraggio di vedere ciò che manca. Sì, qualcosa si sta muovendo: oggi si parla di progetto di vita, di dignità lavorativa e di “Dopo di Noi” non più come concetti astratti, ma come orizzonti concreti da costruire. Tuttavia, non possiamo dirci del tutto sulla buona strada finché queste parole non si traducono in azioni sistemiche, diffuse, e realmente accessibili.

Troppo spesso, ancora oggi, le famiglie si sentono sole nel pensare al futuro dei propri figli con disabilità. Il rischio è che il progetto di vita resti un’utopia se non si investe davvero in reti territoriali solide, in formazione specifica, e in modelli inclusivi di lavoro e di vita. È proprio da questo bisogno concreto che nasce il nostro progetto: l’idea di un pastificio come luogo non solo produttivo, ma educativo, relazionale, in cui i ragazzi possano sperimentare autonomia, responsabilità, inclusione vera. La pasta è diventata il nostro simbolo: unisce, si fa con le mani, si condivide. Ed è anche un’attività che valorizza le abilità specifiche di molti ragazzi con autismo: la ripetitività, la precisione, il ritmo.

Ma il lavoro, da solo, non basta. Per parlare davvero di progetto di vita, serve fare un passo in più: costruire percorsi residenziali capaci di accompagnare i ragazzi nell’età adulta, oltre la presenza costante della famiglia. È questo il senso del nostro progetto residenziale: non un luogo di assistenza, ma una casa, una comunità educativa dove sperimentare la vita quotidiana in modo graduale, protetto, ma autentico. Un contesto in cui vivere relazioni, fare scelte, sentirsi parte di qualcosa. È un gesto di fiducia verso i ragazzi, ma anche un atto d’amore verso i genitori, che non devono più chiedersi con angoscia ‘che ne sarà di lui o di lei quando non ci saremo più’.

Siamo sulla buona strada se sappiamo ascoltare i bisogni reali, se costruiamo insieme, se abbiamo il coraggio di innovare. La dignità lavorativa, l’autonomia abitativa, la partecipazione sociale non sono premi da guadagnare, ma diritti da garantire. E noi, con determinazione e con cura, stiamo provando a trasformare questi diritti in fatti concreti. Un passo alla volta. Insieme”.

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