PALERMO. Unire forze e competenze diverse per affrontare e provare ad abbattere le diverse gabbie sociali che esistono. A partire da questo pensiero, ieri pomeriggio, nella sede dell’istituto Pedro Arrupe, si è svolto l’incontro su “Le nostre gabbie: detenzione, disagio, devianza”. Il confronto, moderato da Rosalba Romano dell’USSM e organizzato dalla cooperativa Al Revés e l’associazione Voci di Dentro, rientra nel progetto di reinserimento sociale Your Trip in My Shoes (Mettiti nei miei panni).
Ad aprile i lavori sono stati Claudio Bottan (ex persona detenuta, vicedirettore della rivista “Voci di dentro” e caregiver full time) e Simona Anedda (Travelblogger di “In viaggio con Simona”). “Durante la mia detenzione, ho avuto la possibilità – racconta Claudio Bottan – di conoscere 9 istituti penitenziari diversi. Ho vissuto condizioni di vita carceraria disumane e degradanti. Il periodo di detenzione può essere vissuto in maniera passiva oppure attiva se entri a fare parte del sistema. Ho scelto di attivarmi perchè sentivo molto forte il bisogno di non voltare le spalle alle ingiustizie e violenze che ho visto. Ho avuto dei momenti di forte scoraggiamento ma non ho avuto il coraggio di togliermi la vita. Significativo è stato l’incontro con un sacerdote. In carcere, ho iniziato a scrivere sul tema prima in un giornalino e poi dopo in una rivista, diventando un giornalista”. “Con il tempo ho imparato a convivere con il mio mostro che è la mia malattia della sclerosi multipla – ha continuato Simona Anedda -. Essendo uno spirito libero, anche con la disabilità, ho continuato a viaggiare raccontando agli altri che le barriere fisiche e mentali, se lo vogliamo, si possono abbattere. Nei vari Paesi dove sono stata, ho imparato a chiedere aiuto, incontrando molte persone che mi hanno donato tempo, sorrisi, abbracci e preghiere in tutte le religioni. Quando ho conosciuto Claudio ho visto una mano che si è tesa; insieme abbiamo iniziato un percorso di vita importante”.
“La pena, oltre ad avere un carattere, punitivo, ha una funzione rieducativa e risocializzante che, in uno Stato di diritto, è fondamentale – afferma Rita Barbera che per 35 anni è stata dirigente di alcuni istituti penitenziari -. Molto spesso, il carcere è inadeguato alla propria funzione perchè c’è una recidiva altissima e, purtroppo, anche al suo interno, la legge non è rispettata in termini di diritti umani. La prima gabbia è, quindi, che non si riesce a dare alla detenzione il valore che la Costituzione vuole. Purtroppo le persone detenute sono troppe e non si possono seguire bene. Le gabbie sono ancora molte se pensiamo alle possibilità di cambiamento reale e alle opportunità che si possono offrire. Ho visto delle persone detenute cambiare, non per i nostri meriti, ma perchè loro avevano deciso di farlo. La funzione del carcere è quella di indicare alla persona la strada da seguire”. “Da 23 anni mi occupo di carcere a vario titolo – continua Pino Apprendi, garante dei diritti dei detenuti di Palermo –. Il carcere resta, purtroppo un inferno. Avendo la possibilità di incontrare le persone detenute, mi rendo conto che, a molti manca la dimensione dell’ascolto. Le gabbie più forti di tutti oggi siamo noi e cioè la società che è pronta a giudicare. Tra i problemi forti c’è quello delle persone con disabilita che, spesso, in carcere sono costrette a vivere in una gabbia doppia per la mancanza di servizi adeguati”. “Nella sezione femminile del carcere Pagliarelli siamo presenti da 10 anni – ha detto Silvia Buzzone della cooperativa Al Reves -. Il nostro è, oltre che un piccolo spazio di formazione alla sartoria sociale anche uno spazio di ‘normalità’ fatto di dialogo, confronto e di ascolto”. A conclusione dell’incontro ha preso la parola anche l’ex senatrice Laura Bignami che ha raccontato la sua esperienza politica dedicata alla tutela dei diritti delle persone con disabilità e dei caregiver.