PALERMO. L’Assegno di Inclusione non è solo una misura economica: può diventare un vero strumento di trasformazione sociale, capace di incidere su povertà, disagio giovanile e sicurezza urbana. Ma per farlo serve una visione strategica, servizi attivi e assistenti sociali messi nelle condizioni di lavorare. A dirlo è Rosi Pennino, ex Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Palermo, fondatrice dell’associazione ParlAutismo, da anni impegnata sul fronte del sociale, che lancia un appello: “Non riduciamo l’ADI a un disbrigo burocratico. Costruiamo, attorno ad esso, progetti di vita reali per le famiglie fragili”.
Come si può risolvere tutto questo? Soprattutto che connessione c’è tra l’Assegno d’Inclusione, la sicurezza e il disagio giovanile?
La risposta secondo Rosi Pennino sta in quella che un assistente sociale definisce: “La scrittura di un progetto di vita per la famiglia”. È sul lavoro degli assistenti sociali che in queste settimane si sta concentrando un carico di lavoro burocratico abnorme a seguito della scadenza dell’Assegno d’Inclusione al 30 giugno dopo i primi 18 mesi di erogazione da gennaio dell’anno scorso.
“Un disbrigo pratiche che il Governo nazionale deve immediatamente liberare – dice Rosi Pennino -, restituendo agli assistenti sociali quel lavoro importantissimo sui territori che serve a tutelare, progettare, cambiare, modificare e restituire opportunità alle famiglie, ai bambini e ai giovani con un lavoro di programmazione che può generare davvero il cambiamento. Gli assistenti sociali dovrebbero potersi occupare dell’attivazione degli strumenti all’interno del nucleo familiare percettore; gli aspetti burocratici dell’ADI devono essere assolti da funzioni amministrative o da soggetti esterni alle Amministrazioni, quali i Caf o i Patronati.”
“Occorre rendere meno vincolati i fondi del sociale per consentire agli enti locali di modulare risposte in base ai bisogni reali – continua Pennino -. Eliminare, per le grandi città, a livello regionale, la forma distrettuale di finanziamenti importanti, come ad esempio il Fondo Povertà Quota Servizi, fondo strutturale che vale milioni di euro, per sganciare le città metropolitane dai piccoli Comuni e consentire una programmazione ed una spesa più immediata ed efficiente costituendo gli ambiti e non più i distretti come nel resto del Paese. In questo modo vengono aggregati quei Comuni piccoli che geograficamente e socialmente sono più simili, mettendo le grandi città nelle condizioni di programmare e spendere da sole senza il meccanismo pesantissimo dei passaggi burocratici legati alla spesa distrettuale.”
“L’ADI può diventare una risposta in tutte le zone fragili delle nostre città – continua Pennino -, ma non può esserlo se continuiamo a mortificare il ruolo del Servizio sociale, che, con l’ondata di rinnovo della platea dei percettori a settembre, verrà di nuovo immobilizzato. Le modifiche a livello nazionale che hanno determinato il passaggio dal Reddito di Cittadinanza all’Assegno d’Inclusione, certamente sono positive, perché hanno messo in campo uno strumento reale di sostegno agganciandolo ai servizi, di cui non possiamo vederne però gli effetti reali.”
I servizi per i non percettori ADI
“Attorno all’Assegno d’Inclusione quindi al supporto economico ruotano una serie di servizi per i minori e gli adulti – spiega Pennino -, il servizio educativo domiciliare, quello educativo territoriale, lo spazio 0-5, e l’attività di tirocinio inclusivo. I non percettori ADI possono comunque accedere a vari servizi e misure di inclusione sociale, che non sono legati alla ricezione dell’Assegno. Questi includono: i servizi sociali, l’SFL (Supporto per la Formazione e il Lavoro) e altri interventi previsti dalla normativa come misure alternative di sostegno al reddito, l’accesso alla Carta Acquisti, l’assistenza domiciliare e percorsi di protezione per vittime di violenza”.
I numeri sulla Città di Palermo?
“Noi ci attestavamo a 56.000 percettori di Reddito di Cittadinanza, con l’Assegno d’Inclusione siamo passati a 25.000, con una platea importante indirizzata verso l’SFL”, risponde Pennino.
E la sicurezza?
“Rilanciamo l’Assegno d’Inclusione come opportunità, non come problema burocratico da gestire, altrimenti rischiamo che diventi un mero strumento assistenzialistico – risponde Rosi Pennino -. Questo si traduce nelle attività che riguardano la sicurezza nella nostra Città, tutte le Città metropolitane hanno un problema di sicurezza. Palermo non è prima rispetto ad altri fenomeni che in questo momento si stanno sviluppando nel resto delle Città Metropolitane d’Italia. Fenomeni che sono collegati ad una multifattorialità che certamente non può essere attribuita a chi sta amministrando. Necessita una visione più ampia che il primo cittadino sono certa che ha rispetto alle attività e ai percorsi da costruire per dare risposte a questo tema.”