PALERMO. “Il mondo è fatto a scale, c’è chi scende e c’è chi sale”. Questo è un proverbio che molti ricorderanno in uno scambio di battute tra il marchese del Grillo e il Papa Pio VII°, significa che nella vita può capitare di incontrare sia la buona che la cattiva sorte. Ed è così anche per una piccola parte di Palermo che da orinatoio pubblico e luogo di passaggio si è trasformata in un piccolo angolo colorato dove poter fare delle foto e trascorrere del tempo immergendosi in dei racconti.
Chi vive il centro storico avrà avuto certamente modo di imbattersi nella scalinata che da via Napoli porta in via Venezia, un posto dove si passa da sotto a sopra o viceversa, incastonato in un palazzo degli anni ’50. Luogo grigio, spesso sporco, usato da molti come toilet pubblica, che però ha un suo fascino e che ha catturato l’attenzione di negozianti, associazioni, residenti o solo amici del quartiere, che nel tempo hanno provato a prendersi cura di questa scalinata ma purtroppo la sporcizia e l’incuria dei passanti hanno sempre avuto il sopravvento.
Domenica scorsa però delle persone, che si definiscono ironicamente “Gruppo aperto teatro alla scala”, hanno deciso di prendere in pugno la situazione e sostenuti da residenti e commercianti hanno pulito a fondo e colorato di azzurro cielo il grigiume della scala. “Il colore non è scelto a caso – raccontano dal neo collettivo – abbiamo pensato al colore del cielo per dare un’apertura continua e per fare diventare lo spazio luminoso”. Ma non finisce qui.
“Eravamo seduti al tavolo – aggiungono – e pensavamo ad elementi da aggiungere alla scala, ovvi e altri meno ovvi, così ci è venuto in mente di scrivere sui gradini una storia, anzi due, una che sale e una che scende e così abbiamo fatto. L’idea era che chi attraversa quelle scale entri dentro una storia, se scendi la storia ti porta verso gli inferi se sali verso il cielo. Vogliamo vivere quel posto, a settembre pensiamo di organizzare delle attività culturali, una rassegna”.
Questo si legge scendendo:
“Ci trovammo di fronte a un bivio: un sentiero scendeva, in direzione di una grotta, l’altro saliva, verso la cima. Non ci fu bisogno di dire nulla: eravamo rimasti troppo a lungo in superficie, senza riuscire a comprendere; era tempo di inabissarci. Se un motivo, dell’irreparabile che stava accadendo, ci fosse stato, l’avremmo trovato nelle profondità. Anna e Bruno andarono a riposare, io, la piccola Mary e Rossella preparammo i bagagli. Presto fu l’imbrunire e partimmo; appena cominciammo a percorrere la discesa, ecco quel che accadde. Più le ombre crescevano, più forte avvertivamo il battito dei nostri cuori e meglio ascoltavamo il respiro dell’aria entrare-uscire dai corpi. Al buio tastavamo le pareti dei cunicoli: diventammo la nostra pelle per poterci orientare. Udivamo il singolo bisbiglio, la goccia che cadeva, quella che strisciava sulle stalattiti. Ogni cosa rimbombava nei nostri corpi, e il mondo, nel tempo che passammo insieme, si andò spostando: tutto quel che prima sembrava stare fuori ora era dentro di noi. Il nostro viaggio fu tutto qui”.
Questo si legge salendo:
“Ci trovammo di fronte a un bivio: un sentiero scendeva, in direzione di una grotta, l’altro saliva, verso la cima. Senza esitare decidemmo di salire. Troppo a lungo eravamo rimasti nell’ombra e al riparo, era tempo di elevarci; di guardare, alla luce del sole, l’irreparabile che ci stava accadendo. Alle prime luci dell’alba la piccola Mary, io, Anna, Bruno e Rossella ci mettemmo in cammino e, quando cominciammo a percorrere la salita, ecco quel che accadde. Più l’aria rinfrescava, più i nostri respiri diventavano profondi. Man mano che la luce si diffondeva, gli sguardi, che avevamo sempre rivolto verso il basso, si aprivano. Osservammo una miriade di piante mai viste. Per indovinare la forma di una nuvola o seguire il volo di un uccello, le braccia si allungavano a indicare. In questo modo i pensieri oscuri, che avevano occupato i nostri animi, si andavano dissolvendo, sostituiti da quel che ci circondava. Fu così che il mondo, nel tempo che passammo insieme, si andò spostando: tutto quel che prima sembrava stare dentro ora era fuori di noi. Il nostro viaggio fu tutto qui”.