PALERMO. Il teatro Jolly, di Palermo, ha ospitato domenica 30 ottobre, l’Associazione culturale “Quintessenza d’arte”, con un’appassionata mostra e pièce teatrale: “Il dubbio dell’essere”. Comprendiamo, prima di tutto, da cosa nasca il nome dell’Associazione. “Quintessenza – ci ricorda la presidente Daniela Porcelli – nel pensiero aristotelico è l’elemento che si aggiunge con caratteristiche peculiari ai quattro elementi: aria, terra fuoco ed acqua. È identificata come “quinto corpo incorruttibile, lo Spiritus Mundi”. La Musica e l’Arte riescono, poi, a sublimarne l’essenza del significato”. “L’Associazione ha così il fine – sottolinea – di promuovere eventi culturali, artistici e musicali”.
“Fra gli eventi prodotti, quest’ultimo spettacolo teatrale, “Il dubbio dell’essere” – ci dice, sempre, Daniela, che oltre ad essere regista e coordinatrice di lavori musicali/teatrali per bambini e adulti, è laureata in pianoforte e in composizione organistica ed è, quindi, un’ottima pianista, nonché docente di scuola elementare: “L’idea di questo spettacolo nasce dalla collaborazione con il dottor Alfredo Mattaliano che ha allestito una mostra fotografica sul tema dell’apparenza ingannevole che attanaglia la nostra esistenza”. Il dottor Mattaliano, specializzato in Neurologia da più di 40 anni, direttore dei reparti di Neurologia e Neurofisiopatologia dell’Ospedale Civico di Palermo, ora in pensione, non è – come si evince dalle significative foto di quest’ultima sua mostra – peraltro un dilettante amatore ma un professionista, in grado d’associare oggetti e stati d’animo, con la speranza che, restituendoli agli avventori, questi sappiamo/vogliano passare dall’apparenza delle immagini alla loro essenza, cogliendo la chance per riflettere anche su sé stessi, partendo dal Volto d’Altri.

Dopo la mostra è stata la volta dello spettacolo, in un unico atto, scritto, sceneggiato e diretto dal maestro Daniela Porcelli, che nel palco ha recitato e suonato, facendo tesoro della poetica pirandelliana, e del vissuto umano-professionale di tanti, come lei. Tanti i dilemmi, emersi, durante la pièce: essere volti o maschere? Decidere fra realtà o finzione; essere o apparire?
“Nel lungo tragitto della nostra vita” – è stato detto – incontriamo, infatti, tante maschere e pochi volti. Molti sono pure dei manichini, pronti ad essere vestiti da altri”. La serenità d’essere sé stessi è una meta poco attuabile. Di qui, infatti, la considerazione: “Non sarà che nell’esser se stessi, ci si sente, poi, nudi? Come delle bambole, che possono poi cadere e rompersi in mille pezzi?”.
Ne è seguita la provocazione: “Non sarà meglio, nella dicotomia fra il razionale e l’irrazionale in noi presente, apparire, ogni tanto, folli? Trovar il coraggio d’apparire cioè insoliti? Per poter, e finalmente, anche gridare o solo piangere?”. La sensibilità è al giorno d’oggi, infatti, “merce rara”; rischia d’andare al macello, se non è ben conservata, se non vien donata a cuori attenti per coglierla, custodirla, ridarla.
Entra, ad un tratto, nel palco Pulcinella, che riporta agli spettatori un realistico stralcio poetico di Edoardo De Filippo: “Io vulesse truvà pace; ma na pace senza morte. Una, mmieze’a tante porte, s’arapesse pe’ campa’! […] Senza sentere cchiù ‘a ggente ca te dice: io faccio…, io dico, senza sentere l’amico ca te vene a cunziglia’. Senza senter’ ‘a famiglia ca te dice: Ma ch’ ‘e fatto? Senza scennere cchiù a patto c’ ‘a cuscienza e ‘a dignita’. […] Senza sentere ‘o duttore ca te spiega a malatia…’a ricett’ in farmacia… l’onorario ch’ ‘e ‘a pava’. […] Pecchè, insomma, si vuo’ pace e nun sentere cchiu’ niente, ‘e ‘a spera’ ca sulamente ven’ ‘a morte a te piglia’? Io vulesse truva’ pace ma na pace senza morte […]”.
Chi non vorrebbe trovar pace; una pace senza morte? Pace, in questa vita? In mezzo a tanta gente, gli interpreti de “Il dubbio dell’essere” – oltre Daniela Porcelli (La Musica) Ivana Porcelli (Il dubbio/Pulcinella) Maria Grazia Meli (La Coscienza), Rolando Carmicio (L’irrazionalità), Vito Platania (La voce di Pirandello) – hanno augurato così a tutti gli spettatori di trovar: un ruolo, grande o piccolo nella vita, che possa rappresentarli; un luogo dove ricever e dare rispetto, senza esser prima “mangiati né mangiare” come cani inferociti; una dimensione interiore con cui poter dare ascolto ancora alla propria coscienza e valore ai propri sogni, che sempre parlano di noi, come facce di un puzzle inquieto, in cerca di pace.