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venerdì, 9 Maggio 2025
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Dalla lotta alla dispersione scolastica ai casi di spose bambine: viaggio nell’impegno della Consulta delle Culture di Palermo

Dasililla Oliveira Pecorella, membro del consiglio direttivo, presenta le attività dell'organismo formato dai rappresentanti delle comunità straniere presenti in città

Lilia Ricca
Lilia Ricca
Giornalista pubblicista, laureata in Comunicazione per le Culture e le Arti all'Università degli Studi di Palermo, con un master in Editoria e Produzione Musicale all'Università IULM di Milano. Si occupa di cultura, turismo e spettacoli per diverse testate online e da addetto stampa. Scrive di sociale per "Il Mediterraneo 24"
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PALERMO. Il 21 maggio del 2002, l’ONU dichiara la Giornata mondiale per la diversità culturale, il dialogo e lo sviluppo. A Palermo, nella quinta città d’Italia, il 3,9 % della popolazione è formato da circa 26.000 stranieri appartenenti a 130 nazionalità diverse. Nel 2013, il Comune di Palermo istituisce un nuovo organo consultivo, la “Consulta delle Culture“, definito la “quarta gamba” nel sistema di governo del territorio e partecipazione della città, formato dai rappresentanti delle comunità straniere presenti in città, per garantire l’integrazione e il reciproco scambio tra cittadini di nazionalità diversa. “La Consulta delle Culture è un organo apartitico. È un privilegio rappresentare e dare voce a questa fetta importante della popolazione della città di Palermo”, racconta Dasililla Oliveira Pecorella, membro del consiglio direttivo della Consulta, nata in Brasile ma da 17 anni a Palermo. Lei è una delle sette donne dei 21 consiglieri dell’organo consultivo.

L’impegno di Dasililla nella Consulta

“La Consulta è formata da diversi coordinamenti e da cinque commissioni. Io gestisco il coordinamento contro la tratta degli esseri umani e la violenza sulle donne, argomento, quest’ultimo, che mi interessa direttamente essendo stata vittima di stalking, per ben due anni consecutivi. Iniziative come quella delle panchine rosse a Palermo o a Sciacca, a cura delle amministrazioni locali, o convegni che approfondiscono questi temi sono una delle attività che spesso mi impegnano. Attraverso la mia storia personale posso dare un consiglio sugli strumenti legali da usare, per aiutare singole donne o associazioni impegnate in tal senso”.

Il caso delle spose bambine riguarda anche Palermo

“Come membro del direttivo, mi occupo di supervisionare la commissione scolastica e dell’istruzione, affrontando problemi come la dispersione scolastica o il caso delle spose bambina. Tra le attività, abbiamo istituito, per esempio, a contatto con delle scuole del territorio, un osservatorio per contrastare il fenomeno della dispersione. La Consulta interfaccia con le comunità e la scuola, attraverso un dialogo e delle indagini. Quello delle spose bambina, lo abbiamo scoperto perché alcune di loro non frequentavano più la scuola, per un periodo di quattro o cinque mesi, prima di ritornare. Approfondendo l’ambito familiare sono venuti fuori dei casi, nelle comunità soprattutto del Bangladesh e dello Sri Lanka”.

Poi c’è il progetto Prisma della Regione Siciliana, con degli sportelli per aiutare i migranti a creare la propria associazione o partecipare ai bandi. Qui, la Consulta agisce con partnership per dare supporto amministrativo.

L’impegno della Consulta durante la pandemia

Nel picco della pandemia la Consulta ha stretto diverse collaborazioni: “Abbiamo collaborato con associazioni per la raccolta di alimenti, che abbiamo distribuito nella sede della Consulta, a Palazzo Cefalà, mettendo a disposizione gli spazi, nel rispetto delle normative anti Covid. In altre situazioni, la Consulta ha chiesto degli alimenti o abbiamo collaborato con la Caritas, la Croce Rossa o i consolati, come quello del Brasile, per esempio”.

“Ancora, con il commissariato anti Covid-19 in Sicilia abbiamo istituito una partnership per uno sportello dedicato ai migranti che non sono censiti sul territorio o che non capiscono la lingua, per ricevere il vaccino. Se non hai la residenza o altri documenti in regola, è difficile essere vaccinati. Ci sono delle comunità dove la lingua italiana è un privilegio”.

L’importanza della Giornata per la diversità culturale, dialogo e sviluppo, secondo Dasililla

Riflettendo sull’imprortanza della Giornata mondiale per la diversità culturale, il dialogo e lo sviluppo, istituita dall’Onu, Dasililla ribadisce che “la mancata sensibilità la vediamo in modo tangibile”. “In questi giorni abbiamo sentito di paesi come la Germania che si rifiutano di accogliere i migranti, in cerca di un porto sicuro. Dovrebbe esserci una distribuzione nei vari paesi e una maggiore comunicazione. Penso che lo scambio interculturale sia un beneficio, perché abbiamo imparato dai greci e da altre civiltà prima di noi, che hanno lasciato un segno o un’eredità indelebile nel nostro paese”.

Infine, una nota personale: “Interazione è la parola che preferisco a integrazione. Il dialogo è importante e nella differenza tra culture non vedo nient’altro che un arricchimento”. “Mia nonna ebrea, mio nonno cattolico, mia madre è protestante. Il colore della pelle di mia madre è bianco, lei è portoghese, quello di mio padre è nero, lui è africano. Quello per cui mi impegno sono i diritti delle persone“.

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