PALERMO. Il 10 aprile nel giorno dell’uscita al cinema de “La casa degli sguardi” Luca Zingaretti ha incontrato il pubblico al Cinema Ariston a Palermo in occasione della proiezione del suo primo film come regista.
Un lavoro che abbiamo deciso di raccontare per le importanti tematiche e quanto mai attuali che trattano del disagio giovanile e della rinascita nel lavoro di esordio come regista del protagonista de “Il Commissario Montalbano”.
“La casa degli sguardi” racconta la storia potente ed emozionante di Marco, interpretato dal bravissimo Gianmarco Franchini, un ventenne sensibile e tormentato, che cerca di colmare nell’alcool e nelle droghe il vuoto, l’assenza della madre, che è morta.
Marco ha una grande capacità di sentire, avvertire ed empatizzare con il dolore del mondo, scrive poesie, e cerca nell’alcool e nelle droghe “la dimenticanza”, quello stato di incoscienza impenetrabile anche all’angoscia di esistere e di vivere.
Beve tanto Marco, beve troppo. È in fuga dal dolore ma soprattutto da se stesso. Per vivere si deve anestetizzare, dice. È incapace di “stare” nelle cose, a meno che il tasso alcolico del suo sangue non sia altissimo, e si è allontanato da tutti, amici e fidanzata, spaventati dalla sua voglia di distruggersi.
Anche il padre, testimone di questo lento suicidio, è incapace di gestire tanta sofferenza ma tenta almeno di “esserci”, la madre è mancata da qualche anno e ha lasciato un grande vuoto. Quando dovrà andare a lavorare nella cooperativa di pulizie del Bambin Gesù è convinto che questa esperienza, a contatto con i bambini malati, lo ucciderà.
“La casa degli sguardi” è il mio primo film di Luca Zingaretti come autore e regista. Nel film è anche interprete del ruolo del padre di Marco.
Dice così il regista: “È un film che parla del dolore, ma non in termini negativi, ma come ingrediente necessario per la felicità, perché dolore e gioia sono fatti della stessa materia. La casa degli sguardi è un film sulla poesia, sulla bellezza e sulla loro capacità salvifica. Un film che parla di genitori e figli e della capacità di stare, come atto di amore più puro. È un film sull’amore e l’amicizia, che possono farti ritrovare la strada di casa. È un film sul lavoro, che radica e identifica, e sulle persone che lo nobilitano. Un film sulla vita, dove c’è sempre un motivo per resistere, sulla speranza e sulla capacità dell’uomo di risorgere. Il mio film è una casa di tanti sguardi che ho visto, sostenuto, evitato, adorato, temuto, sperato.”