PALERMO. Eleonora non solo non riusciva più ad aprire la porta di casa ma neanche quella della sua stanza, perché lei non si alzava più dal letto da settimane. A vederla oggi, nei suoi 49 anni, non si riuscirebbe ad immaginarlo, perché ormai da qualche anno ogni mattina, dopo essersi alzata e vestita, scende da casa e a piedi si incammina verso via San Lorenzo.
Oltrepassando il grande cancello di Villa Adriana, a Palermo, si affretta e raggiunge le stanze del centro diurno non sanitario “Club Itaca”, aperto il 6 maggio 2013 dall’associazione Progetto Itaca Palermo attiva nel campo della salute mentale da oltre dieci anni.
Qui, Eleonora ha ricominciato a vivere. Ricominciando a vivere, ha voluto impegnare il suo tempo per gli altri. Gli altri come lei sono uomini e donne di età compresa tra i 20 e i 50 anni, che a causa di un disturbo psichico – sia esso una depressione maggiore o un disturbo bipolare o un disturbo di personalità o un disturbo alimentare o altro e tanto altro – non riescono a vivere ai ritmi e ai modi del mondo che li circonda. Forse ad un occhio più attento le loro difficoltà sono evidenti, ma perlopiù sono “invisibili”.
Allora, dice Federica Terranova da anni impegnata in Progetto Itaca Palermo ODV, “proprio perché invisibili hanno bisogno di essere visti nel loro limite e ancor più nella loro ricchezza. Hanno bisogno di compagni per fare strada e hanno bisogno di testimoni che li rassicurino, soprattutto nei momenti difficili, ricordando loro quanto siano preziosi al di là del limite”.
L’Associazione Progetto Itaca ODV arriva a Palermo nel 2011, aprendo un’altra delle diciassette sedi che si trovano in tutta Italia. Il modello è quello statunitense della Clubhouse che ha creato, ad opera di Elizabeth Ker Schermerhon e Hetty Richard, la prima casa per le persone affette da malattie mentali, la prima “isola di benessere e salute” – come amavano definirla. A richiederne l’apertura a Palermo a gran voce sono stati genitori, parenti e amici che desiderano per i propri cari una quotidianità impegnata. Normale.
Nella Clubhouse di Palermo, quando si entra, su una grande lavagna è possibile leggere gli impegni che per quel giorno Eleonora e gli altri si assumeranno, fianco a fianco. Antonella e Rosalba andranno in cucina, Claudia e Bruno si occuperanno della spesa, Stefano e Arianna faranno la lezione di ginnastica. In fondo, è la loro casa.

Al loro fianco Federica Terranova e i volontari che, dopo la formazione, sono lì con loro e offrono il proprio supporto con generosità. Stanno tutti insieme, quindi, e imparano a fare per sé e per gli altri tante e tante altre, più o meno semplici, cose. Dopo la mattinata di impegni si ritrovano tutti intorno alla tavola e, dopo avere rimesso in ordine stoviglie e piatti, tovaglie e sedie, si riuniscono per decidere cosa di altro fare per l’indomani. Alle 15 ciascuno si avvia verso casa ma con la certezza che i cancelli di Villa Adriana l’indomani saranno aperti e insieme saranno nuovamente lì a cercare di imparare la vita e a sentirne anche, magari, la sua bellezza.
Ma, se nel pomeriggio o durante le ore serali hanno bisogno di un’informazione, di un consiglio, o semplicemente di ascolto possono contare su una rete ben tessuta e fitta rete di relazioni. Non sono soli neanche quando sono ognuno a casa propria: tramite whatsapp o tramite altri canali non semplicemente virtuali, il supporto reciproco c’è e possono contare, sia loro che i loro familiari, su una famiglia grande, allargata, solida.
L’impegno di Federica Terranova, dei suoi colleghi, del Consiglio di Amministrazione, dei soci e dei volontari, però, non è al di qua di Villa Adriana: continua nelle piazze per la raccolta di fondi utili, come quelli provenienti dal 5 x mille, che consentono le attività dell’associazione; continua nelle scuole, per sensibilizzare al rispetto dell’altro, al riconoscimento della ricchezza peculiare, nonostante il limite; continua, come Jobs Station, nella ricerca di offerte di lavoro nelle aziende o nelle imprese per gli ospiti di Villa Adriana. Alcuni di loro sono riusciti, lavorando, a ottenere indipendenza economica e autonomia, a rimettersi in gioco in uno spazio, quello sociale, più complesso. Sono diventati ancora più grandi, mai deludendo le aspettative dei datori di lavoro e in fondo della società intera.
L’impegno continua ogni giorno, giorno dopo giorno: è quello di Federica e quello di chi come lei ha deciso di mettere ore del proprio tempo a disposizione del bene comune ma nella consapevolezza sola che dopotutto il limite, il proprio o quello di chicchessia, è soltanto un modo per incastrare la propria vita con quella di un altro per farne un puzzle sociale dove ognuno ha il suo posto, unico e speciale.