PALERMO. Macelleria Palermo fa storia. Alle pareti dello studio Pbaa Prestileo Bianco Architetti in via del Fervore le foto sono in bianco e nero. A rimbalzare agli occhi dei visitatori sono le pose dei protagonisti e le loro espressioni. Franco Lannino le ha scelte tra quelle, a centinaia, del suo archivio e a racconto di un’altra Palermo, quella degli anni novanta, le ha infilate una dopo l’altra.
Il capoluogo siciliano, nelle sue vie di quartiere e di mercati, resta come sfondo. Sono solo residui quelli del vetro della Citroen Ax da cui si affaccia, nella tarda sera del 23 novembre 1989 in via De Spuches a Bagheria, il volto di Leonarda Costantino. Con lei anche Lucia Costantino e Vincenza Mannoia. Era la prima volta che la mafia ordinava la morte di tre donne, che morivano perché sorella, madre e zia di Francesco Marino Mannoia. A debito c’erano otto chili di cocaina sottratti ai corleonesi.
Nello stesso anno, Giovanni Lo Castro, consigliere di circoscrizione del quartiere Borgo Nuovo, restava seduto sotto i portici del viale Piazza Armerina, col volto coperto da una maglietta. Le braccia abbandonate lungo il corpo. A suo conto l’impegno per il ritorno del commissariato di polizia che negli anni precedenti era stato smantellato. Era l’1 settembre. E’ un plaid quello che Isidoro Cesare assassinato tra le bancarelle dei mercati generali: alcuni fermi ad osservarlo, altri al lavoro trasportando su un carretto le cassette piene di frutta.
Nel 1993, il 18 febbraio, spettatori di un’altra “ammazzatina” sono gli alunni della scuola elementare Luigi Capuana: Rosario Alaimo a terra incaprettato e con la testa nascosta dentro ad un sacchetto della spesa.
2 Marzo 1995. “Tranquillo, Marcello, adesso ti alzi e ce ne torniamo a casa”: così diceva piegata sul figlio coperto da un lenzuolo, come in una Pietà di strada, la madre di Marcello Grado, detto “occhi celesti”. Nel mercato rionale di via Palmerino alle 9.30 del mattino i proiettili di una pistola calibro 38 assassinavano il giovane figlio di Gaetano Grado e l’amico che a lui si accompagnava, Luigi Vullo.
Questi sono solo alcuni degli scatti che ritraggono una città che è stata scena di morti violente a terrore per la gran parte dei suoi abitanti, uomini, donne o bambini. Indifferentemente. Quarantaquattro foto, dal contenuto per ciascuna di esse più che sensibile, quarantaquattro foto per una storia in bianco e nero che è stata raccontata ai visitatori.
“Sono stati, soprattutto, i giovani a visitare la mostra – dice Franco Lannino, che negli anni insieme a Michele Naccari ha documentato le guerre di mafia e tutte le stragi volute da Cosa Nostra – a soffermarsi con attenzione su ogni scatto e a sentirne la narrazione. Alcuni sono rimasti a lungo, anche per qualche ora e hanno voluto che raccontassi loro le circostanze di ciascuna immagine”.
Non una curiosità appiccicaticcia ma un reale interesse. A darne conto è Federico Valenza, liceale di 17 anni. Con lui altri compagni di classe. “Abbiamo voluto saperne di più di quegli anni. Non immaginavamo una tale violenza a qualunque ora del giorno e in qualunque strada. Come un pugno allo stomaco ma vedere queste foto permette di conoscere una città che non vorremmo decisamente abitare. E’ veramente cambiata Palermo dalle stragi di Capaci e di via D’Amelio”.
Ancora Edoardo. “La mostra – dice – sembra quasi dire di una città maledetta che, per fortuna, non ho conosciuto. Per questo mi sembra di potere dire che davvero non è stata vana la morte di quanti hanno lavorato senza sconti, credendoci fino in fondo, anche al di là di quello che vedevano e che è davvero terribile”.
Oltre, anche altri mille visitatori. Ed è per questo motivo che Macelleria Palermo, al di là delle primissime intenzioni che la volevano aperta dal 24 giugno al 22 luglio, continua su prenotazione fino a domenica 30 luglio, dalle 17.00 alle 20.00 scrivendo su Whats app o chiamando al 328 3760018. Nei prossimi mesi autunnali la mostra sarà allestita in altri comuni italiani. Continuerà la tragica narrazione, con le sue quarantaquattro foto e qualcuna in più, di una storia violenta che resta storia. In bianco e nero.