PALERMO. “Noi italiani siamo ovunque”: si apre così il documentario “Gli italiani del fiume Lee” scritto, diretto e realizzato da Dario Cascio, un palermitano che all’età di 25 anni ha abbandonato il suo Paese per realizzare i suoi sogni. Si è stabilito a Cork in Irlanda e lì, pur ricominciando da zero, ha trovato quella serenità e stabilità che l’Italia non è riuscita a dargli.
La sua storia è simile a quella di tanti italiani che sono emigrati dalla penisola verso Cork e Dublino: la comunità italiana in Irlanda è giovane, ma in forte crescita. Prima della pandemia si contavano 20.000 persone. La terra natia manca ogni giorno sempre di più e purtroppo spesso si deve far a meno anche di questo se non ci si vuole accontentare e si vuole raggiungere il proprio equilibrio. Cork è la cosiddetta capitale culinaria d’Irlanda: per un italiano e soprattutto per un siciliano, è impensabile non sentirsi a casa in un luogo del genere.
“Gli italiani del fiume Lee”: Sicilian Delight
Il documentario nasce da tre interrogativi: come vive chi dall’Italia si è spostato stabilmente in Irlanda, cosa gli manca e cosa lo gratifica.
Il primo progetto imprenditoriale che risponde a queste domande è quello di Sicilian Delight, uno spiraglio di Sicilia nelle strade di Cork a pochi passi dall’Università UCC.
Lì Dario Di Giandomenico prepara rosticceria e dolci tipici dell’Isola proponendo al pubblico irlandese prodotti diversi che vengono più che apprezzati. “Persino il caffè da noi è diverso”- afferma con orgoglio il proprietario di Sicilian Delight.
Burnt: la pizzeria che gli irlandesi stavano aspettando
Dario ci porta alla scoperta di Burnt: una catena di pizzerie partita da un solo punto vendita qualche anno fa e che ora è presente in diversi parte della città. È ubicata all’interno nel famosissimo The Black Market. Lì lavora Daniele, un abilissimo pizzaiolo che ama quello che fa e tramanda l’arte della pizza all’estero. Paragona la sua condiziona lavorativa corrente con quella in Italia: “Sono a Cork da sei mesi. Rispetto all’Italia va meglio, inaspettatamente ho stretto amicizia con tanti irlandesi”. Piacevolmente sorpreso dall’accoglienza, racconta che precedentemente faceva il benzinaio; lavorava ventiquattro ore settimanalmente ed era malpagato, adesso invece ha trovato la sua dimensione.
Famiglia e lavoro a Cork: come si comportano le aziende
La storia di Maddalena è davvero avvincente. Correva l’anno 2002 quando in Erasmus ha conosciuto Cork. In Italia il precariato la preoccupava non poco e nonostante le difficoltà, ha voluto intraprendere la carriera di traduttrice.
Successivamente ha deciso di andare a Cork e vedendo un annuncio di una ditta a Tralee, nella Contea del Kerry ha scelto di fare il colloquio. Adesso si è stabilita lì. “E’ meglio provarci e non riuscirci che avere dei rimpianti”- si è detta- “L’Italia a volte mi manca, ma non tornerei. In Irlanda è più facile coniugare famiglia e lavoro: le aziende sono più flessibili e si instaura un rapporto più umano”. La bellezza sta nelle svariate iniziative volte ad incoraggiare le donne a ricoprire dei ruoli che precedentemente erano propri degli uomini.
Torneresti in Italia?
Sono stati intervistati anche Giuseppe e Lara, due palermitani che a 50 anni circa hanno deciso di cambiare radicalmente la loro vita. Anche Simone, Head Sommelier dell’hotel a cinque stelle Hayfield Manor conferisce la sua preziosa testimonianza. A differenza degli altri, Simone già operava nel suo settore in Italia e tra tutti è l’unico che darebbe una seconda opportunità alla penisola se ne avesse l’occasione. Gli intervistati hanno risposto diversamente alla domanda: “Torneresti in Italia?”, anche se c’è una parola che accomuna tutti i loro punti di vista: “però”.
C’è sempre una condizione per cui si potrebbe fare un passo indietro e dire di nuovo sì al proprio Paese, purché questa venga rispettata. Nel frattempo la portano nel cuore e pian piano anche nelle strade della loro nuova città.