PALERMO. Cosa sarebbe una classe senza i suoi insegnanti? Se nessuno occupasse quella sedia tra i suoi alunni? E se ad occuparla fosse una persona non competente? E se invece di educare, di condurre ogni bambino verso la conoscenza e realizzazione del sé, di ciascuno di loro se ne facesse spettatore passivo come di un programma senza anima?
Chiara Alongi sarà un’insegnante. Oggi è una tirocinante del corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria dell’Università degli Studi di Palermo.
Racconta di sé nei suoi venti e pochi anni in più, della sua passione messa a servizio di un’arte raffinatissima: l’insegnamento. Ecco la sua riflessione:
“Il bambino è l’uomo del futuro”: è così che Gianni Rodari – scrittore, pedagogista, giornalista, poeta e maestro – già nel ‘900 con la sua pedagogia progressista vede il fanciullo come soggetto che può immaginare una società altra da quella attuale e cambiarne le sorti.
Ecco che, per giovani come me, impegnarsi e sacrificare il proprio tempo – anche con un salario non adeguato all’impegno e al carico di lavoro – è importante.
Impegnarsi a fare bene il proprio lavoro di insegnante significa dare l’opportunità alle generazioni che verranno, un futuro migliore di quello che noi abbiamo avuto. “Sul bambino in qualche modo si giocano le sorti della trasformazione della società” ha detto un’insegnante che ho avuto il piacere di ascoltare all’Università di Palermo.
È questo che ogni giorno mi permette di essere sempre più convinta del lavoro che andrò a svolgere un domani. La motivazione principale della mia scelta lavorativa e dell’impegno costante che metto nel migliorare la mia didattica non è soltanto dato dal fatto che mi piacciono i bambini, ma anche e soprattutto per cambiare la società di oggi.
Una società poco curiosa, con poca immaginazione, con troppa indifferenza e con poca fiducia nel mondo e negli esseri umani.
Recentemente purtroppo abbiamo assistito a un evento spiacevole: degli studenti a Firenze sono stati picchiati per motivi politici. Al di là dell’aggressione fortemente inaccettabile, mi preme soffermarmi sul video che gira in rete sull’accaduto. Molti passanti, o per meglio dire, molti studenti, o hanno fatto finta di niente o stavano a guardare. L’educazione qui ha fallito.
L’educazione che deve diventare un mezzo per cambiare la società e con essa anche combattere l’indifferenza, ha fallito. Ancor di più questo accaduto mi ha dato la spinta per andare avanti nel mio lavoro di insegnante, di aggiornarmi e di dare un contributo attivo per migliorare la società di oggi, attraverso l’educazione delle generazioni future.
Molti errori sono stati fatti nella Scuola, dal non mettere al centro il bambino e la sua educazione al non formare adeguatamente gli insegnanti. I docenti che hanno studiato e seguito un percorso universitario, purtroppo devono ancora aspettare che i semi di valori gettati nelle classi diano i loro frutti. Ecco perché io ho ancora una speranza ottimistica nel ruolo dei docenti.
Non tutto è andato perso, molti giovani insegnanti ancora devono contribuire a gettare questi semi nelle classi. Semi di cultura e di valori. Ma come possiamo noi giovani docenti gettare questi semi se veniamo sballottolati da una parte all’altra? Non si ha nemmeno il tempo di creare una relazione solida di fiducia con gli alunni che il giovane insegnante è costretto a migrare verso un’altra scuola. Tale precarietà contribuisce negativamente sull’educazione dei bambini, perché non si ha il tempo adeguato per trasmettere in modo solido dei valori ai bambini.
Il risultato di tutto questo è che oggi il lavoro dei docenti non è riconosciuto come si dovrebbe. La professione docente è piena di giudizi e stereotipi. Agli occhi di chi non è mai entrato nel mondo scolastico potrebbe sembrare un lavoro fin troppo facile. Io insegnante parlo e i miei alunni ascoltano. In realtà, l’idea di docente correttamente intesa è ben diversa. Ogni bambino è un universo, unico e speciale.
Gli insegnanti devono trovare tutte le strategie adeguate per formare il bambino non solo culturalmente, ma anche umanamente. Lavorare sull’autonomia, sulla curiosità, sull’immaginazione, sul pensiero critico e divergente non è un qualcosa che lo si fa trasmettendo quattro nozioni e basta, dietro ci deve essere un lavoro strategico, pensato e ripensato.
É dunque una professione che richiede molto tempo, ma quando si riesce a intravedere un solo fiore sbocciare, a seguito dei tanti semi seminati, è un orgoglio unico che permette di andare avanti nonostante le innumerevoli difficoltà e gli innumerevoli pregiudizi e stereotipi che noi docenti dobbiamo sopportare.
Nonostante il lavoro di insegnante non venga valorizzato né economicamente né socialmente, l’entusiasmo e la speranza di nuovo mondo mi permettono di andare avanti. Immaginare di vedere che anche un solo bambino, tra qualche anno, avrà fatto fiorire i semi che noi giovani abbiamo seminato mi riempie il cuore di gioia e di speranza.
Chiara Alongi