PALERMO. Tra un campo di grano Margherito e una vigna, in una estensione di circa un ettaro, nel territorio di Camporeale, prende il via il progetto “Di seme in seme”, grazie alla collaborazione tra la cooperativa Valdibella e l’associazione Aterraterra. Si tratta di un orto sperimentale realizzato, seguendo i principi dell’agro-ecologia, a partire soltanto da semi in modo autonomo.
Il progetto scaturisce dall’esigenza di iniziare a recuperare e coltivare varietà di ortaggi antichi e a seme riproducibile. Una pratica di recupero che, se ha mostrato un certo sviluppo nel campo della granicoltura e dell’arboricoltura, proprio nel campo delle colture orticole mostra un grave deficit.
“Iniziamo questo percorso, o meglio riprendiamo da dove l’agricoltura l’aveva lasciato insieme agli amici di Aterraterra, Fabio Aranzulla e Luca Cinquemani con i quali condividiamo la stessa visione – esordisce Massimiliano Solano, presidente della cooperativa Valdibella -. Siamo consapevoli che il terreno perso è tanto e recuperarlo non sarà facile. Per millenni gli agricoltori hanno selezionato il raccolto migliore per conservarne i semi e perpetuare così una coltivazione migliorativa della varietà. Oggi, invece, questo enorme bagaglio culturale si è quasi del tutto perso. Comprando le piantine già pronte e provenienti totalmente dall’ibridazione delle sementi, l’agricoltore ha dimenticato le pratiche della riproduzione ma, soprattutto, ha dimenticato la libertà di gestire il proprio seme. Così il suo ruolo si limita a una più semplice esecuzione di scelte che seguono logiche commerciali e omologanti”.
“Se ritrovare e recuperare una varietà antica da frutto è un’operazione certo non facile ma ancora possibile, per salvare gli ortaggi, che per loro natura nascono e muoiono nel giro di un anno – esordisce Luca Cinquemani –, è necessario un lungo lavoro di cura e di recupero. Ciò significa che, saltare anche un solo anno la raccolta e la conservazione dei semi di una certa varietà tramandata da lunghissimo tempo, può comportare la sua perdita totale. Alla luce di questa situazione, il nostro progetto vuole dare un contributo sia al recupero e alla coltivazione di alcune varietà di ortaggi dai semi riproducibili sia al recupero, parallelo e imprescindibile, di tutte quelle pratiche di riproduzione e conservazione dei loro semi che nel frattempo sono state anch’esse quasi del tutto abbandonate”.

“Inoltre questo orto sarà un luogo dove si praticheranno metodi di mantenimento delle varietà di stagione in stagione – continua Fabio Aranzulla –, attraverso la riproduzione autonoma dei semi: impollinazione manuale, isolamento delle varietà e conservazione dei semi. Il progetto è abbastanza complesso e non siamo certo noi i primi ad attuarlo. Ma è anche ambizioso perché l’obiettivo è di produrre ortaggi che possano confluire nei prodotti in barattolo della cooperativa. Avendo già una destinazione certa, sarà più facile, oltre che più stimolante, lavorare al progetto”.
L’orto, nel lungo periodo, non sarà solo un luogo di recupero e custodia di semi di varietà tradizionali ma anche un luogo di sperimentazione sulle comunità evolutive di ortaggi, sulla creazione, attraverso incroci manuali e selezioni, di nuove varietà e infine, ma non per questo il meno importante, anche un luogo di scambio e confronto tra diversi agricoltori che vorranno ritornare a emanciparsi dalle grandi compagnie che producono e forniscono piantine di ortaggi.