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mercoledì, 19 Marzo 2025
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“SOS genitori e società”: una mano tesa a chi ha figli tossicodipendenti

L'appello dell'associazione: “Noi ci siamo ma vogliamo essere ascoltati per capire come attivarci”

Serena Termini
Serena Termini
È nata il 5 marzo del’73 e ha tre figli. Dal 2005 è stata la corrispondente dell'agenzia di stampa nazionale Redattore Sociale con cui oggi collabora. Da sempre, ha avuto la passione per la lettura e la scrittura. Ha compiuto studi giuridici e sociologici che hanno affinato la sua competenza sociale, facendole scegliere di diventare una giornalista. Ciò che preferisce della sua professione è la possibilità di ascoltare la gente andando al di là delle prime apparenze: "fare giornalismo può diventare un esercizio di libertà solo se ti permettono di farlo".
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PALERMO – Ascolto e confronto ampio, sui diversi aspetti legati al tema delle dipendenze da sostanze, è quello che chiedono alle istituzioni le famiglie dell’associazione “SOS genitori e società”, alla luce di quello che prevede anche la nuova legge regionale.
L’associazione, nata nel 2024, cerca di supportare i genitori che vivono il dramma della tossicodipendenza dei figli, cercando di favorire un dialogo con le istituzioni per chiedere interventi che, oltre ad essere concentrati sul tossicodipendente, prendano in considerazione anche i bisogni delle famiglie.
“Siamo genitori che, da anni, vivono le situazioni di fragilità dei figli che sono entrati nel giro della dipendenza da sostanze – ha affermato la dottoressa Olga Vicari, presidente dell’associazione SOS genitori e società -. Avendo la maggior parte di loro una doppia diagnosi, hanno bisogno di seguire un percorso di cura specifico. Fino a quando sono adolescenti c’è la tutela e la cura dei genitori ma poi, una volta maggiorenni, tutto diventa più complicato. Il nostro gruppo è di mutuo aiuto ma, essendo un APS vogliamo dare il nostro contributo anche in chiave preventiva ed informativa sul tema. Alla luce della legge regionale chiediamo, inoltre, che si possano realizzare, al più presto, alcuni centri diurni dove questi giovani possano esprimere la loro socialità. Pertanto, vogliamo interfacciarci con le istituzioni per confrontarci sulle azioni concrete da mettere in campo. Bisogna aumentare i servizi dedicati e attivare i progetti di vita finalizzati alla piena inclusione sociale e lavorativa. Per i casi più gravi non ci sono comunità in Sicilia e le famiglie sono costrette a portare i figli fuori”.

“L’associazione vuole evitare l’isolamento sociale delle famiglie –  ha detto la signora Rosaria, madre di un giovane con doppia diagnosi -. Nel gruppo ci confrontiamo e ascoltiamo sentendoci amati, consolati e accolti nel nostro dolore. Tutto ciò è fondamentale per riuscire a fronteggiare il problema senza sentirsi disperati e soli davanti al nostro dramma familiare. Alcuni giovani vanno via dalle famiglie, con cui entrano in conflitto, finendo, purtroppo, in mezzo alla strada. Il confronto tra genitori ci fa capire quali strade percorrere”. “Mio figlio è stato in due comunità diverse – ha continuato la signora -. Nella prima comunità, purtroppo, considerato che, la gran parte dei giovani avevano trascorsi penali, la sua situazione è peggiorata. Successivamente, dopo tante vicende drammatiche, è stato in una comunità del Piemonte per due anni. Dallo scorso aprile, da quando è ritornato a Palermo, siamo, però, ancora in attesa che l’Asp gli faccia un progetto individuale”.

“Negli anni ’80 le famiglie nascondevano il problema perché ci si vergognava – ha detto pure Giovanni, un altro genitore -. Oggi il problema è ancora più forte perché i prezzi di alcune sostanze si sono abbassati e il fenomeno è aumentato ancora di più. La legge regionale c’è ma aspettiamo adesso il suo decreto attuativo. Noi genitori vogliamo fare la nostra parte ma dobbiamo essere messi in condizione di poterla fare. In Sicilia, mancano le strutture di cura per chi ha una doppia diagnosi. Esiste solo la comunità di Leonforte che ha solo 20 posti”.

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