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giovedì, 20 Marzo 2025
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“Noi giovani non abbiamo futuro”

L'intervista a Paolo, amico di Diego e altri giovani neanche ventenni la cui vita ha intrecciato le dipendenze da sostanze stupefacenti

Serena Termini
Serena Termini
È nata il 5 marzo del’73 e ha tre figli. Dal 2005 è stata la corrispondente dell'agenzia di stampa nazionale Redattore Sociale con cui oggi collabora. Da sempre, ha avuto la passione per la lettura e la scrittura. Ha compiuto studi giuridici e sociologici che hanno affinato la sua competenza sociale, facendole scegliere di diventare una giornalista. Ciò che preferisce della sua professione è la possibilità di ascoltare la gente andando al di là delle prime apparenze: "fare giornalismo può diventare un esercizio di libertà solo se ti permettono di farlo".
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PALERMO – Paolo ha 21 anni e studia Scienze dell’educazione. Lo incontro in piazzetta Sardegna, uno spazio dove i ragazzi di questa zona condividono spesso tanti loro momenti di vita.

Hai tantissimi tatuaggi, vuoi spiegarne qualcuno?
Certo, ho la scritta ‘No future’ nella mano che mi ricorda, ogni giorno, che viviamo in una società che è alla deriva e senza futuro. Credo nelle idee e nel cambiamento ma non credo più nelle persone. La generazione dei miei genitori era più combattiva, ma non ci ha lasciato un’eredità di cui andare fieri. Il difetto della mia generazione è che siamo più arresi e meno attivi, ma molto più sensibili a temi veramente importanti.

Chi è Paolo oggi?
Sono una persona qualunque in un posto qualunque. Devoto all’arte senza la quale non sarei niente. Da quando esisto non sono mai riuscito a proiettarmi nel futuro. Credo che dei temi ricorrenti, nella visione della mia generazione, siano quelli della morte prematura e della vita veloce. E’ quasi un gioco tra i miei amici quando dico loro in maniera ironica ‘tanto morirò giovane’.

Vedi oggi uno scollamento tra il mondo degli adulti e quello dei giovani?
Assolutamente sì. Spesso, ci sentiamo travolti perchè, qualunque sia la nostra idea o la nostra posizione riguardo qualcosa, non c’è spazio per noi. C’è una mancata comprensione di chi siamo e di quello che viviamo emotivamente e poca voglia di scoprirlo. Sbagliano nel dare per scontato che i figli possano essere una proiezione di loro stessi.

Eri molto amico di Diego e altri ragazzi che sono morti a distanza di pochissimo tempo. Come hai vissuto queste perdite?
Io avevo un maggiore rapporto con Diego. Faceva uso di sostanze, ma non è morto per effetto della droga, si è suicidato. E quando un’anima bella come la sua se ne va, il mondo non può fare a meno di piangere. Nell’ultimo periodo in lui viveva un profondissimo malessere.

Hai fatto mai uso di sostanze?
Fumo sporadicamente le canne anche se, negli anni, mi hanno offerto tanti tipi di droghe che non ho mai accettato.

E’ vero che dalla cannabis poi si passa alle droghe più pesanti?
Non è vero. Molte persone che conosco fumano la marijuana. Chi però, negli anni ha assunto droghe pesanti, lo ha fatto per colmare alcune sofferenze che già risiedevano dentro di loro. Non credo esistano sostanze di passaggio; è più una scalata dalla più leggera alla più forte nei ragazzi che sentono la necessità di anestetizzarsi. Se dobbiamo trovare un colpevole, è più frequente che si arrivi alle droghe pesanti attraverso l’alcol; molti ragazzi hanno avuto ricadute, o addirittura la loro prima esperienza con la droga, mentre erano ubriachi. Di questo se ne parla molto poco. L’alcol ha un effetto deleterio che è culturalmente e legalmente accettato.

Come si può aiutare chi è dipendente da sostanze?
Intanto, smettiamola di criminalizzarli e basta. Uno dei motivi per cui i tossici muoiono è perchè non vengono aiutati. Sono spesso colpevolizzati dagli altri, poco ascoltati e, soprattutto, fortemente emarginati. La persona tossica soffre la solitudine e spesso si vergogna di ciò di cui è diventata schiava. Il consumo di droga è solo un mezzo, una gabbia in cui si è rinchiusa per scappare da altro.

Cosa ne pensi dei gruppi di auto-mutuo aiuto?
Sono interessanti e possono andare bene. Oltre al gruppo, però, occorre l’accompagnamento psicologico personale a campo largo.

Esiste pure il peer educator o peer specialist che ne pensi?
Può funzionare se la persona è uscita definitivamente dalla dipendenza dalla droga ed è nelle condizioni di aiutare chi è in una situazione critica.

La nuova legge regionale prevede pure la nascita di nuove comunità residenziali. 
La comunità deve essere organizzata bene. Alcune persone, entrate in comunità per consumo di crack, stando a contatto con eroinomani arrivano, purtroppo, a provare quest’ultima. Bisogna stare molto attenti. Realtà interessanti potrebbero essere quelle autogestite da ex tossici che, in autonomia, lasciano tutto e vivono in campagna dedicandosi alla natura e all’arte. Il cambiamento deve partire dalla testa e dalla volontà della persone.

Si può essere in questa vita ricercatori di bellezza e costruttori di speranza? 
Essendo un artista penso che si possa essere ricercatori di bellezza. La speranza non implica per forza che ci sia qualcosa in cui credere, può essere anche un modo di trovare delle scappatoie per affrontare la vita. Ognuno si costruisce la speranza nel modo più appropriato: c’è chi inizia a credere in Dio e chi consuma droghe per evadere dal disagio che vive. Io credo molto nell’arte, ricerco la bellezza anche nelle cose peggiori; ripudio la speranza ma ne comprendo l’utilizzo. Ricerco la bellezza ma non costruisco la speranza.

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