PALERMO. Hanno portato dei fiori, hanno letto delle poesie (in arabo e italiano) e hanno pregato davanti alle sepolture ‘povere’ di chi ha solo un numero o, come la maggio parte dei migranti morti nei naufragi, soltanto una croce di ferro piantata dentro la nuda terra. In questo modo, questa mattina, alcuni cittadini/e insieme ad attivisti e rappresentanti religiosi musulmani e cristiani (cattolici e valdesi) hanno ricordato, ‘i figli di nessuno’ ovvero tutte le vittime morte nel mare Mediterraneo, nel tentativo di raggiungere le coste dell’Europa che non sono mai state restituite alle famiglie.
“In tempi di guerra sempre più feroce e di uccisioni di massa non vogliamo dimenticare chi ha perso la vita migrando in cerca di una vita migliore – scrive il Forum antirazzista di Palermo -. Sono vittime del mare ma soprattutto delle barriere poste dalle nostre leggi. Sono morti a cui molto spesso non si riesce a dare un nome, né una degna sepoltura. Il 2 novembre, oggi, mentre la cittadinanza si stringe intorno ai propri cari defunti, ci riuniamo intorno alle sepolture delle persone migranti per una commemorazione laica e una preghiera interreligiosa. Un segno forte per rinnovare l’impegno di lotta per un mondo più giusto e umano”.
L’Imam Mustafa Abderrahmane delle Federazione Islamica Siciliana ha rivolto una preghiera in arabo nell’area dedicata alle loro sepolture.
“Sembra che queste persone siano figli di nessuno – ha sottolineato il laico comboniano Tony Scardamaglia -. Sembra che nessuno si sia accorto che ci sono pure loro; ricordiamoci che su queste morti abbiamo una pesante responsabilità. Queste persone continuano a morire e non possiamo rassegnarci e girarci dall’altra parte. Ancora oggi, proprio dallo stato di abbandono di queste sepolture dove, alcune non hanno neanche più il numero, sembra davvero che non interessino a nessuno. Non possiamo dire ‘io non sapevo’ e per questo dobbiamo continuare a fare memoria viva”.
“Ci accorgiamo con rammarico che, in questa società, non siamo tutti uguali. Purtroppo, in questa città, in questo Paese e continente – afferma il pastore valdese Bruno Gabrielli -, è difficile trovare da abitare da vivi ma lo è pure da morti. Le tre principali religioni monoteistiche del mondo (ebraismo, cristianesimo e Islam) hanno in comune il principio che, chi uccide un essere umano è come se avesse ucciso l’intera umanità e chi salva un essere umano è come se avesse salvato l’intera umanità. Purtroppo, però, c’è chi non vuole tutto questo se pensiamo a quello che sta succedendo in Terra Santa; ricordiamoci, però, che israeliani e palestinesi sono ugualmente amati da un unico Dio che non vuole certo la guerra. Pensiamo a quanti di loro stanno morendo senza potere avere una degna sepoltura”.
“Ci ritroviamo insieme per ricordare tante persone che non conosciamo – continua il padre comboniano Benedetto Giupponi – calandoci profondamente nella dimensione di questi nostri fratelli e sorelle a cui deve essere riconosciuta la stessa dignità umana. Oggi vogliamo essere dei piccoli semi per fare crescere il processo di sensibilizzazione sociale e culturale nei confronti di questo dramma che continua”.
“Ricordiamoci che sotto ogni numero c’era una persona con un sogno che si è brutalmente infranto – aggiunge pure l’attivista Kamal El Karkouri, originario del Marocco -. Oggi abbiamo il dovere di rendere questo sogno ancora vivo con la speranza di continuare ad andare avanti riscoprendo un nuovo senso di umanità”.