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giovedì, 12 Giugno 2025
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“Accoglienza, c’è bisogno di pensiero, rete e responsabilità di tutti”

Presentato in Aula magna del Dipartimento di Giurisprudenza, “Il diritto d’asilo. Report 2024” della Fondazione Migrantes: dati, norme e politiche sul diritto d’asilo che in Europa sembra a rischio. L’intervento dell’assessore Ferrandelli e di Angela Errore

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di Gabriella Debora Giorgione
PALERMO

A metà del 2024, nel mondo erano 122,6 milioni le persone colpite da “sradicamento forzato globale” (rifugiati, richiedenti asilo, sfollati interni). Al 1° gennaio 2024 in Italia vivevano, invece, poco meno di 414 mila cittadini non comunitari con permesso di soggiorno per motivi di protezione e asilo, lo 0,7% di tutta la popolazione

L’ottava edizione del Report che la Fondazione Migrantes dedica al mondo delle migrazioni forzate anche quest’anno legge e interpreta dati, norme, politiche e storie, portando alla luce come nell’Unione europea e nel nostro Paese a essere sempre più a rischio sia il diritto d’asilo stesso.  

Ad aprire i lavori nell’Aula magna del Dipartimento di “Giurisprudenza” dell’Università degli Studi di Palermo, Luca Polello e Mario Affronti dell’Ufficio Migrantes Palermo che hanno affidato a Cristina Molfetta, co-curatrice del Rapporto e ad Aldo Schiavello, direttore del Centro di Ateneo Migrare di UniPa, la presentazione dei dati e i numeri contenuti nelle quattro parti di cui si compone il Report. 

I numeri  

Nel 2024, dopo quattro anni di crescita, è crollato il numero di rifugiati e migranti che hanno raggiunto il Paese dal Mediterraneo: fra gennaio e la metà di ottobre si contano 54 mila sbarcati, il 61% in meno rispetto allo stesso periodo del 2023. 

Quest’anno vede prevalere fra le persone sbarcate due Paesi di provenienza asiatici, il Bangladesh, primo assoluto (quasi 10.800 arrivi), seguito dalla Siria (10 mila circa); solo in terza posizione, invece, la Tunisia. Nel 2023 le prime cittadinanze d’origine erano state la guineana, la tunisina e l’ivoriana. 

La Libia è tornata ad essere il primo Paese costiero di partenza per la traversata del Mediterraneo centrale: alla fine di luglio 2024 erano quasi 20 mila gli arrivi, contro poco più di 12 mila dalla Tunisia, che nel 2023 era stato il primo Paese per questo indicatore. 

Dal 1° gennaio al 31 luglio 2024 le navi gestite da organizzazioni della società civile sono intervenute in eventi SAR (Search and Rescue) che hanno portato in salvo nel nostro Paese oltre 6.200 persone: meno di un quinto di tutti i rifugiati e migranti che nel periodo sono sbarcati in Italia (33.500) fra eventi SAR in mare e sbarchi autonomi. In tutto il 2023 le persone giunte in Italia grazie a un soccorso in mare effettuato da ONG erano state 8.900, il 6% circa di tutte quelle sbarcate. Nel 2022 i “salvataggi ONG” erano stati l’11% del totale, nel 2021 il 15%, nel 2020 il 10% e nel 2019 il 17%. 

Le persone  

Nel mondo sono oltre 120 milioni le persone in fuga a causa di guerre e conflitti che si allargano di anno in anno, portando a un ulteriore incremento delle vittime, specie tra i civili e cresce anche il numero delle persone costrette ad abbandonare la propria casa e la propria terra per un tempo sempre più lungo.   

«Non sono invece altrettanto celeri le nostre risposte alle cause profonde di queste migrazioni forzate», si legge nel Report Migrantes per il quale «troppo poche le autorità di governo e le istituzioni che, con serietà ed autorevolezza, intendono perseguire obiettivi di pace e giustizia, mentre prosegue una folle corsa agli armamenti. Nel frattempo, poco prima della chiusura della scorsa legislatura europea è stato approvato il “nuovo” Patto europeo sulla migrazione e l’asilo, un compromesso al ribasso in cui si assiste a un ulteriore impoverimento dei diritti di richiedenti asilo e rifugiati».  

Il nuovo Report della Migrantes, in quattro parti, sceglie di proporre in vari ambiti – da quello legale a quello più sociale ed etico – possibili strategie per uscire da questo preoccupante scenario: l’obiettivo rimane quello di sempre e cioè «Aiutare a costruire un sapere fondato rispetto a chi è in fuga e a chi arriva a chiedere protezione nel nostro continente e nel nostro Paese», come scrivono nell’introduzione al Report le curatrici Mariacristina Molfetta e Chiara Marchetti, per «restare o ritornare “umani” e capaci, finalmente, di creare condizioni reali perché le persone costrette a fuggire possano continuare a reclamare il loro diritto alla protezione senza essere “popoli in cammino… senza diritto d’asilo”, come siamo state costrette ad affermare nel sottotitolo di quest’anno». 

L’accoglienza 

La parte terza è dedicata al «Frammentato, grossolano, iniquo volto del sistema di accoglienza», come definisce il Report il sistema di accoglienza italiano per richiedenti asilo e titolari di protezione.  

Il Sai-Sistema di accoglienza e integrazione «originariamente concepito per offrire un’integrazione duratura, è stato relegato a un ruolo marginale, accessibile solo a specifiche categorie di beneficiari e subordinato alla volontaria adesione dei Comuni», sostiene il Report che affonda: «Le riforme hanno introdotto i Cas-Centri di accoglienza straordinaria e i Casp-Centri di accoglienza provvisori, strutture temporanee con standard minimi che soddisfano esclusivamente le necessità di base. Con l’entrata in vigore del DL 124/2023, il ministero della Difesa è stato incaricato della realizzazione di hotspot e Cpr-Centri di permanenza per il rimpatrio, consolidando una politica di gestione emergenziale e securitaria che limita l’inclusione sociale dei migranti. Il quadro attuale è quello di un sistema frammentato e disorganizzato, in cui l’accesso alle misure di accoglienza è soggetto a disparità territoriali e a criteri di disponibilità piuttosto che di equità. La mancanza di servizi essenziali come l’assistenza psicologica, i corsi di lingua e l’orientamento legale pregiudica l’integrazione e accresce paradossalmente la dipendenza dalle misure di accoglienza, ostacolando l’autonomia. Inoltre, il sistema attuale tende a isolare i migranti in grandi centri collettivi lontani dai centri urbani, penalizzando le occasioni di scambio e arricchimento reciproco con la società ospitante. Le prospettive future richiederebbero una pianificazione territoriale equilibrata e il ripristino di un’accoglienza diffusa e integrata, unica via per rispondere ai bisogni delle persone e ridurre i costi di una continua gestione emergenziale», si legge.  

Quando Moussa Diallo, accolto in casa “Restivo”, una delle sedi “Ordinari” del Sai Palermo, è intervenuto nel panel per raccontare la propria esperienza migratoria, è apparso chiaro il significato dei numeri e dei commenti letti nel Report: è la tipologia di accoglienza, a fare ed essere la differenza.  

Moussa ha ripercorso la scelta di lasciare il suo Paese, le paure dei primi tempi in Italia, i consigli ricevuti, l’ansia per il futuro incerto che vedeva davanti a sé. Poi l’accoglienza nel Sai Palermo, i corsi frequentati che gli hanno consentito di esprimere e rafforzare le sue competenze, l’esperienza da “Moltivolti” a Palermo, lo studio della lingua italiana, la fatica per conseguire la patente e il sogno di conseguire la licenza media e di diventare autista professionale. Insomma «È grazie al Sai, alla cooperativa “Badia grande” e a tutte le persone che ci lavorano se io oggi ho una possibilità di rendermi autonomo e vivere il mio percorso di integrazione a Palermo», ha detto Diallo. 

Il Sai Palermo 

«Il Rapporto Migrantes ci rassicura», ha esordito Angela Errore, responsabile della U.O. “Casa dei Diritti” e dei progetti Sai del Comune di Palermo, «Perché l’accoglienza nel Sistema Sai parte da un’azione che riteniamo fondamentale: l’ascolto. È dall’ascolto, dall’accoglienza e dal senso di comunità che scaturisce la possibilità di “vedere oltre” e quindi di sognare che il proprio destino cambi. Non abbiamo invasione o emergenza, abbiamo bisogno di “fare pensiero” sull’accoglienza: forse non riusciremo a smontare questi dati, ma la testimonianza del nostro lavoro quotidiano è per noi speranza che un futuro migliore sia possibile», ha precisato Errore. 

Ma “testimonianza” fa rima con comunicazione, che fa rima con narrazione ma non fa rima con “vetrina”. «Nel Sai Palermo noi lavoriamo quotidianamente “con” le persone e non “per” le persone: dobbiamo uscire da una logica del “servizio” sociale ormai superata», spiega Angela Errore», che precisa: «Casa dei Diritti è un luogo in cui come gruppo di lavoro ogni giorno cerchiamo di “mettere un pensiero” di governance che condividiamo con tutti i nostri Enti gestori e i loro collaboratori: l’accoglienza è una responsabilità di tutti, nessuno escluso».  

Accogliere dunque, non è “assistenza”, ma accompagnamento all’autonomia e all’autodeterminazione in un cammino condiviso che vede protagonisti Ente locale, Terzo settore, presidi territoriali come Asp e privato sociale: «A noi interessa sapere cosa le persone che accogliamo possono diventare domani, ci interessiamo ai loro sogni perché la sofferenza li ha resi incapaci di sognare e di proiettarsi nel futuro. Per questo nascono, solo per fare due esempi, luoghi come il “Safe space” e come “Accura”, che completano e accompagnano il percorso delle nostre persone». 

Ma non c’è autonomia se non con un progetto di vita che si apre solo con due chiavi: lavoro e abitare. «In Italia abbiamo esempi virtuosi di community matching sull’abitare in cui i tanti attori sociali si mettono insieme per rigenerare il patrimonio immobiliare pubblico per renderlo disponibile», prosegue Errore rivelando che con l’assessore Fabrizio Ferrandelli sono state già avviate interessanti interlocuzioni, sul territorio. 

«Palermo ha una bella rete, ma nessuno deve sentirsi escluso da questo impegno: Chiesa, Comune, Terzo settore, la partita si vince collaborando su più tavoli», incalza la responsabile del Sai Palermo chiamando ad una responsabilità sociale condivisa.  

Uno dei primi passi da fare, per Angela Errore è quello di riparare ad un vuoto narrativo sulle azioni dell’accoglienza, un errore che, da assistente sociale, riconosce che «Appartiene a tutto l’arco costituzionale: non abbiamo saputo raccontare nulla sulla mediazione culturale, sul progetto Coopera, sulla Cledu, ad esempio. Adesso è ora di fare pensiero e rigenerare luoghi e persone: farlo, è una responsabilità di tutti, tutti, tutti, nessuno escluso», ha concluso Angela Errore dando la parola a Lino D’Andrea, già Garante per l’infanzia e l’adolescenza di Palermo ed attuale responsabile politico del “Movimento educativo Palermo” che insieme alla Regione Sicilia e ad alcuni Ets sta riprendendo i percorsi formativi per gli adulti che vogliano diventare Tutori volontari dei ragazzi e delle ragazze minori stranieri non accompagnati di un adulto di riferimento. 

Riconosce che “Casa dei Diritti” è un’eccellenza per il Comune di Palermo, l’assessore Fabrizio Ferrandelli, che però va oltre e precisa che «Come amministrazione siamo ben consapevoli che dietro i numeri ci sono le persone e le loro fatiche quotidiane. Su questo, noi abbiamo il dovere di intervenire con politiche pubbliche condivise che adesso vogliamo implementare con un surplus di partecipazione. Per questo stiamo pensando alla realizzazione di un “Forum dei popoli” la cui partecipazione sarà allargata a tutte le organizzazioni del Terzo settore di Palermo». 

Dopo l’intervento di Luca Casarini di Mediterranean saving humans che ha concluso la sua relazione con un’immagine-riflessione profonda sulla tragedia delle persone annegate in mare e del loro ultimo “respiro” metaforicamente visto come “spirito” soffiato sulla pelle increspata del Mediterraneo, il vescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice richiama tutti a raddrizzare lo sguardo e riportarlo “ad altezza uomo”, tenendo i piedi a terra. 

«Dietro la parola “migrante” ci sono volti, ci sono vite» ha detto il Pastore panormita. È per questo che dobbiamo rispettare il diritto alla mobilità umana che nasce dal principio di eguaglianza al poterlo esercitare, evidenziando che il «Parto ha un come duplice significato: viaggio e nascita. Partire, dunque, significa nuova vita», ha concluso Lorefice che parla di necessità di una «Ecologia del linguaggio» e vede nell’Occidente una significativa crisi nella corresponsabilità dell’amore». 

Lucina Lanzara, cantautrice e produttrice siciliana, maestra di canto ed emozioni, a fine panel ha scatenato le percussioni liberando le energie di tutti e tutte. 

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