PALERMO. Il fenomeno della violenza si è allargato. Se pensiamo che un reato come uno stupro, in passato era qualcosa che si cercava di nascondere. Adesso l’obiettivo prima di tutto è condividerlo con la comunità del web e ottenere followers. Aumentano i colpevoli se immaginiamo il gran numero di utenti, che chiede e si premura di diffondere quel video che ritrae quell’atto di violenza.
“Quelli che vogliono ottenere un like devono fare un video per raggiungere 14.000 persone. Poi, delle ragazze scrivono allo stupratore, chiedendo di uscire insieme a lui e lo stupratore lo comunica ai suoi followers. Quindi, altri ragazzi possono pensare che lui ha fatto bene, allora lo faccio anch’io e avrò delle ragazze che mi scrivono. Succede tutto questo, e tutto questo succede sul web, quindi il fenomeno della violenza si allarga e si allunga nel tempo”, spiega Francesco Zanca, presidente dell’associazione Genitori Connessi, da anni impegnata nel sensibilizzare ad un’educazione digitale, con incontri e attività mirate, nelle scuole, alle famiglie e attraverso il contatto con associazioni del territorio.
Zanca avverte suoi pericoli del web. “Ai genitori che non sanno quello che succede sul web, ai loro figli, diciamo che bisogna ora più che mai rendersi conto, che il web, è l’ambiente che loro più frequentano. Non è più la palestra, non è il muretto e nemmeno la strada. Il nostro invito è a coinvolgerci. Siamo disposti pure ad andare nei condomini, non è un problema. La scuola non può intestarsi tutto. Dobbiamo essere coautori del cambiamento e dell’educazione, con la scuola. Ci vuole un rinnovato patto educativo tra scuola e famiglia, che sia forte, che sia cemento”, avverte Zanza.
Il “parental control” voluto dal Consiglio dei Ministri funziona? “Bisogna partire sempre dall’educazione. Le misure repressive senza educazione servono a ben poco. I genitori spesso non sono consapevoli di quello che succede sul web. Siamo per una certezza della pena, senza dubbio, per chi commette un reato, ma ricordiamoci, che le nostre carceri sono soltanto punitive e non rieducative. Occorre mettere l’educazione al centro”.
La vittima si sfoga sui social. Che importanza date a quest’azione? “La vittima che si sfoga? Desiderabilità sociale. Noi sfruttiamo i social per essere ben voluti, desiderati, ascoltati e coccolati. La vittima non ha calcolato però, che sui social ci sono anche quelli che non ti vogliono bene. È un’arma a doppio taglio. Ci sono persone che ti stanno vicino e altre pronte a denigrarti”.
Il cyberbullismo è un fenomeno in aumento. Da qui la necessità di parlarne nonostante il tema negli anni sia stato sviscerato in lungo e in largo. “Mancanza di rapporti, dialogo ed empatia. Parlare di cyberbullismo con i ragazzi e non parlare di solidarietà, di empatia, di educazione sentimentale, non risolve i problemi”, continua Zanza. “Dobbiamo parlare del perché esiste il cyberbullismo e andare alla radice del problema. Andrebbero fatti corsi di educazione sentimentale ed empatia nelle scuole. Il cyberbullismo non è solo ‘hate speech’, è anche furto d’identità, è il prendere in giro i familiari, è l’isolamento e può avvenire in un gioco online. Sono nuovo in questo gioco, e uccido sempre il tuo personaggio, tu sei scarso e non ti permetto di entrare nel gioco. In Danimarca, dal 1993, esistono corsi obbligatori di empatia, nelle scuole. Prendiamo esempio”.
Tra le attività di Genitori Connessi c’è quella di raggiungere le scuole e le famiglie dei ragazzi. “Continueremo a girare le scuole e cercheremo sempre di più di avere degli accordi per coinvolgere i genitori, anche nel pomeriggio, per creare dei momenti di confronto. Siamo impegnati in progetti territoriali, ne stiamo preparando uno con il Cesvop, nella Quarta Circoscrizione di Palermo, dove risiede la nostra associazione. Useremo, come pretesto, le partite di calcetto per fare integrazione. Verranno dati dei punti in più alla squadra che avrà integrato un diversamente abile, un migrante di seconda generazione o una percentuale maggiore di ragazze. La squadra che avrà collezionato più caratteristiche avrà più punti già all’inizio del gioco. Piccoli segnali, che ci portano a fare educazione all’integrazione”, spiega Zanca.
Genitori Connessi fa parte ed è promotrice del Movimento Educativo di Palermo. Una rete di cittadini, che crede nell’educazione come strumento di cambiamento della società, che in questi mesi raggiungerà le Otto Circoscrizioni di Palermo, incontrando le realtà dei territori.
“Per noi è importante che i genitori siano connessi – conclude Zanca – siano connessi con i figli, connessi in rete, per capire cosa vuol dire, connessi con il territorio, per sapere i loro figli dove vanno, cosa fanno e cosa c’è da offrire. Che siano connessi tra di loro, perché un’esperienza di una famiglia può essere utile ad un’altra. Vorremmo incontrare più genitori possibile e portare le nostre conoscenze, capire se hanno già delle conoscenze e imparare insieme a loro. Vogliamo creare una comunità di genitori consapevoli, la più grande possibile”.
In questi giorni è online un podcast “Il Geco Parlante” di Genitori Connessi, su Radio 100 Passi e sul sito dell’associazione. La puntata zero è disponibile qui o su Spotify. Cinque puntate per avvertire sui pericoli del web e sulle potenzialità e interagire con gli esperti, ospiti delle puntate, lasciando un commento o scrivendo un messaggio privato direttamente all’associazione. “Abbiamo parlato di cyberbullismo, adescamento online, hate speech e sharenting, ma anche di come trovare lavoro online e dell’uso virtuoso dei videogame”, dice Zanza. Gli utenti possono chiedere un aiuto e avere dei consigli pratici.