PALERMO. Ricordate i vostri 20 anni? La maggior parte di noi a quell’età ancora studiava o lavorava, magari pensava a sposarsi. Non è questa la storia di Ebrima.
Ebrima Sidibeh oggi ha 20 anni, ne aveva 16 quando ha deciso di lasciare casa sua, in Gambia, in cerca di un futuro migliore di quello che la sua famiglia di origine avrebbe potuto offrirgli. Ebrima non aveva affatto intenzione di venire in Italia: sapeva perfettamente da dove andare via, ma non conosceva la sua destinazione. La sua storia attraversa Senegal, Mali, Niger, Algeria e Libia: in ciascuno di questi Paesi si fermerà per qualche tempo, talvolta dormendo senza neppure un tetto sopra la testa, lavorando dove gli capitava, venendo addirittura imprigionato da chi voleva ricattare la sua famiglia.
La storia di Ebrima è paradigmatica di quella che tante persone oggi vivono: persone di nazionalità diversa dalla sua, di un’età inferiore o superiore alla sua, di sesso diverso, ma accomunate dalla speranza di poter trovare altrove un posto accogliente in cui affondare le proprie radici e costruire il proprio futuro.
Una delle tappe del viaggio di Ebrima è rappresentata dalla Libia. La parentesi libica della sua vita ci parla di ricatti, della prigionia, dell’uomo che spara addosso a lui e alle altre 7 persone con cui stava scappando e uccide 3 di loro, fra cui proprio l’amico che fino a quel momento gli era stato accanto, pagandogli il viaggio dal Senegal in guerra al Mali.
Viene spontaneo chiedersi se, dopo tante peripezie, Ebrima si sia sentito accolto appena arrivato in Italia. Ebrima non risponde a questa domanda. Dice che senz’altro si è trovato molto meglio rispetto a tutte le situazioni vissute; dice che, per la prima volta dopo mesi, ha dormito appena arrivato. Ma dice anche che non esce da casa, se non ha nulla da fare, perché ha paura di chi potrebbe aggredirlo verbalmente e fisicamente. Perché gli è successo anche questo, nell’Italia del ventunesimo secolo. “Quando sono arrivato in Italia mi hanno portato a Trapani, città che amo sempre – racconta -. Quando mi sono trasferito in un altro centro accoglienza piangevo. Non volevo partire. Alla fine, questa è la vita. Non puoi stare sempre in un posto. Magari cambiando ci saranno altre opportunità“. Dopo il suo trasferimento a Partinico, Ebrima ha conosciuto Dorotea, che lo tratta come un figlio. “Per me è una persona speciale, per il mio compleanno mi invita a casa sua. E io la ringrazio sempre“.
Ebrima ha avuto la fortuna di essere selezionato per frequentare la formazione per facilitatore linguistico culturale nel progetto Harraga 2, che si propone di creare un modello di inclusione sociale che favorisca occupazione e autonomia per giovani migranti soli in situazione di vulnerabilità, assicurando il pieno rispetto dei diritti. Ed è bello e significativo vedere quanto Ebrima voglia mettere al servizio degli altri ciò che il progetto gli ha insegnato: adesso pensa di avere a disposizione qualche strumento in più per aiutare gli altri a trovare lavoro, per dare consigli. “Se c’è la possibilità di aiutare, lo faccio sempre“. Questa esperienza l’ha aiutato anche a portare una maggiore pazienza nell’ascolto, a fidarsi, a superare i pregiudizi che lui stesso aveva. “Mi sento una persona nuova“, dice.
Progetti come Harraga 2 possono rappresentare davvero, per ragazzi come Ebrima, un’occasione di riscatto, un punto di partenza per una nuova vita.