PALERMO. L’associazione culturale Ghana Sicily Business Forum ha partecipato al Sakeva Festival, evento culturale della città di Sekondi-Takoradi, in Ghana, che ha avuto luogo dal 27 al 30 giugno e ha visto tra i protagonisti, oltre a tanti artisti locali, anche tre artisti siciliani.
Il fotografo Francesco Bellina, lo street artist Mirko “Loste” Avallotto e il designer Paolo Toro, hanno portato l’impronta socioculturale dell’associazione all’interno di un contesto di valorizzazione di arte, storia e cultura promosso dal progetto “Twin Cities Sustainable Cities” che lega il Comune di Takoradi insieme al Comune di Palermo, ormai dal 2021. Mission del gemellaggio è quello di promuovere lo scambio culturale tra le due città in un’ottica di una visione sociale, urbanistica, artistica ed economica, che ponga le due città in un rapporto di cooperazione.
All’iniziativa hanno partecipato, tra gli altri, il Ministro di Arte, Cultura e Turismo della Repubblica del Ghana, Hon. Andrew Egyapa Marcer, il Ministro Regionale della Western Region, Hon. Kwabena Okyere Darko-Mensah e la massima autorità tradizionale Omanhene Nana Kobina Nketsia V.
“Sono felice dei risultati che il progetto sta garantendo e della solida amicizia tra queste due comunità. La cultura è uno strumento potente per accelerare la conoscenza reciproca individuando un linguaggio comune e attivando processi generativi in favore soprattutto delle nuove generazioni. Auspico che il gemellaggio tra Palermo e Sekondi-Takoradi, possa mantenere, anche in futuro, l’effervescenza e la ricchezza di relazioni che fino a oggi ci ha accompagnato in questo percorso.
Ringrazio i tre artisti per aver aderito alla proposta con entusiasmo e professionalità. Sarò felice di ritrovare la delegazione di Sekondi-Takoradi in autunno, a Palermo, in occasione della tappa siciliana del progetto”, ha dichiarato il Console della Repubblica del Ghana in Sicilia e Calabria,
Francesco Campagna.
Ghana a/gain non è solo il titolo dell’ opera di Street art che l’artista siciliano Mirko Cavallotto AKA Loste ha realizzato durante il festival d’arte Sakeva a Sekondi Takoradi, Ghana a/gain è un processo più complesso e dinamico. E’ un’azione diretta, una presa di coscienza nei riguardi di un posto che vuole esistere ancora e guadagnare dalla propria esistenza attraverso azioni culturali e artistiche in generale. Per questo motivo again (ancora)…per questo motivo a-gain (un guadagno).
Durante i giorni precedenti la realizzazione del murales, si è tenuto all’interno dell’accademia d’arte di Sekondi Takoradi un workshop con Loste come docente ed una cinquantina di studenti ad assisterlo. Il fine era quello di creare un bozzetto che parlasse di “sguardo al futuro”. Sono stati trattati diversi temi come l’ambiente, la politica e l’impatto sociale e, per ogni tematica trattata, la keyword comune che veniva fuori era sempre “unione” e questo sia perché solo ragionando in gruppo e lavorando come collettività si può costruire in futuro ma anche e soprattutto perché questi tre aspetti sono fortemente collegati tra loro.
L’opera rappresenta infatti tre ragazzi uniti a braccetto che guardano in avanti in segno di progresso. Le figure sono adornate con vestiti tipici e decorazioni floreali oltre che pattern adinkra per simboleggiare ancor di più questo senso di unità.
una volta ragionata l’idea, gli studenti si sono suddivisi in diversi gruppi di lavoro: sotto la direzione artistica di Mirko Loste, alcuni studenti si sono occupati di realizzare scatti fotografici utili al bozzetto, altri si sono prestati come modelli ed altri ancora hanno contribuito materialmente alla realizzazione del murales vestendo i panni di assistenti e collaboratori. Un murales a più mani ma con un solo fine… quello di riqualificare non solo un quartiere ma anche e soprattutto un concetto di fratellanza a prescindere dalla provenienza e dagli ideali.
Fort Orange rappresenta per Francesco Bellina un luogo di sintesi del suo lavoro di ricerca che parte dal quartiere di Palermo “Ballarò”, attraversa il Mar Mediterraneo e arriva in Ghana. Fort Orange diventa simbolo delle vecchie e nuove schiavitù, dei conflitti e delle grandi storie di ribellione ed emancipazione. Un filo collega il luogo in cui venivano rinchiusi gli schiavi ribelli con le celle dove centinaia di persone iniziavano a vivere uno dei più grandi orrori prodotti dal mondo occidentale. Quel filo che ritroviamo appena dentro il Forte, dalla cella del non ritorno, fino alle sbarre che sovrastano un santuario voodoo, contemporaneo e celebrativo, giacente sotto la foto di una vittima di tratta, che è riuscita a salvarsi.
Vite e storie di persone precarie e fragili come un foglio di carta appese a un filo che se tirato insieme può rompere le sbarre di una cella.