PALERMO. Può definirsi vita un’esistenza non libera, che deve sottostare ai dettami di un’organizzazione criminale parassitaria? Secondo Giovanni Sala, no. Neppure quando l’attività imprenditoriale che si porta avanti è comunque fiorente e il prezzo imposto dalla criminalità organizzata è relativamente basso.
La storia di Sala è quella di tanti imprenditori siciliani, colpiti dal racket delle estorsioni, che per lungo tempo hanno pagato, ma che, a un certo punto, hanno saputo ribellarsi. Ed è la storia con cui Addiopizzo ha inaugurato una nuova rubrica che sul proprio sito che racconterà periodicamente il percorso di chi, con il supporto del Comitato, è riuscito a liberarsi dal pizzo.
Giovanni Sala e il racket delle estorsioni
Giovanni Sala, per ben 17 anni, ha pagato il pizzo, ritenendolo quasi normale, ovvero la scelta migliore per la sicurezza della sua famiglia. Se non che la sua coscienza di cittadino lo faceva sentire sempre meno libero. Così si è rivolto all’associazione “Addiopizzo”, determinante per la svolta che la sua vita ha conosciuto.
Una famiglia per l’edilizia
“Cocc’i brillante” è il soprannome da sempre affibbiato a Giovanni Sala, per il fatto che, fin da piccolissimo, ha sempre avuto familiarità con gli escavatori che lavoravano nella cava gestita dalla sua famiglia.
Dopo aver rilevato l’impresa dal padre nel 1993, mette su famiglia, sposandosi e avendo tre figli.
Dopo 17 anni di estorsioni, la denuncia
È nel 2000 che per l’imprenditore cominciano i problemi, quando un amico di infanzia per la prima volta gli dice che ogni Natale e Pasqua dovrà corrispondergli “una milionata”. Sala comprende subito che si tratta di una richiesta di racket, ma, quasi preso alla sprovvista dalla provenienza amica della richiesta, si adegua.
Questa situazione durerà per ben 17 anni: anni nei quali Sala confessa di sentirsi sempre più “sporco”, in cui le feste non erano più motivo di gioia. Saranno queste sensazioni a spingerlo a cercare una via d’uscita: così si imbatterà, tramite una ricerca su internet, nell’associazione “Addiopizzo”, la realtà che da quasi 20 anni assiste sotto ogni punto di vista gli imprenditori che si ribellano al racket.
Grazie al comitato, Giovanni Sala scoprirà che esiste una normativa speciale che aiuta a denunciare e che favorisce e protegge l’imprenditore che decide di intraprendere questa scelta: non c’è più ragione per non denunciare. Non farlo significherebbe voler stare dall’altra parte, dalla parte sbagliata.
Dalla denuncia di Sala prenderà le mosse l’operazione “Happy holidays”, che a maggio 2017 farà arrestare gli estorsori ripresi dalle telecamere nascoste.
Il riscatto di un’impresa, il riscatto di un territorio
Da questo momento comincia la storia giudiziaria di Sala, che porterà in carcere quattro persone del clan di Altofonte, fra cui proprio il suo amico di infanzia. I processi si chiuderanno tra 2019 e 2020 con condanne dai 5 ai 17 anni per Salvatore Raccuglia, Giuseppe Serbino Salvatore La Barbera e Andrea Di Matteo. Durante il processo, fra l’altro, l’imprenditore riuscirà a testimoniare guardando in faccia i suoi aguzzini: fatto, questo, tutt’altro che scontato.
Con la denuncia di Giovanni Sala anche per tutto il tessuto sociale ed economico di Altofonte si è aperta una nuova pagina di storia: Addiopizzo, infatti, ha organizzato diversi eventi di sensibilizzazione rivolti proprio all’imprenditoria locale riguardanti i temi della lotta alla mafia mediante la denuncia del racket e del consumo critico.
Oggi la Sala srl è iscritta anche nella White List del Ministero dell’Interno, a testimonianza dell’assenza di infiltrazioni mafiose nella società: ulteriore motivo di orgoglio per i proprietari. La società non è diventata solo un modello nella lotta alla mafia, ma anche al cambiamento climatico, essendo una realtà all’avanguardia nell’uso di tecnologie che riducono al minimo l’impatto ambientale: ne sono un esempio l’attivazione di un impianto fotovoltaico e l’aggiornamento del parco macchine operatrici volto a ridurre l’inquinamento.