PALERMO. Un gruppo spinto da un forte impegno civile e da spirito solidaristico che nel tempo ha stabilito un rapporto familiare con alcuni ragazzi provenienti dall’Africa, sostenendoli nella vita quotidiana in tutti i suoi aspetti pratici sociali, burocratici e sanitari. Questa è la storia di “Adozione a vicinanza” che racconteremo attraverso l’intervista a Federica Magi, Habib e Alpha.
La nascita del gruppo “Adozione a Vicinanza”
Il progetto “Adozione a Vicinanza”, è nato ad ottobre del 2018, anno in cui l’allora governo gialloverde attuò i cosiddetti “decreti sicurezza”, che hanno influito sul sistema dell’accoglienza negli SPRAR. Federica Magi, che in quegli anni insegnava al liceo Regina Margherita di Palermo, ha avuto nelle sue classi alcuni dei ragazzi che hanno patito le conseguenze di questo vulnus normativo. “Nella sezione linguistica del mio liceo, quell’anno, sono stati iscritti otto ragazzi africani tra questi, Habib Thiam, nel mese di ottobre, ci aveva comunicato che non avrebbe più potuto continuare a seguire le lezioni perché la struttura di Bolognetta presso il quale alloggiava, da lì a poco, l’avrebbe dovuto mandare via proprio perché non era più garantita la presenza dei neomaggiorenni a seguito di questi decreti”, dichiara Federica Magi.
Dinanzi ad una situazione incontrollabile che avrebbe reso numerose persone invisibili e privi di diritti e dignità umana, Federica ha voluto agire nel concreto radunando nella sua abitazione alcuni amici, provenienti da diversi settori professionali, che avevano una visione contigua su tale problematica. “Avevo riunito a casa mia degli amici, delle persone che sapevo che avevano la mia stessa visione del problema e ho detto loro: tutti noi da anni sosteniamo organismi enti associazioni internazionali che agiscono lontano da noi, forse adesso è giunto il momento di fare qualcosa sul territorio, perché a breve ci saranno centinaia di Habib, che vagheranno nelle nostre città senza protezione, senza sicurezza e senza un futuro”, aggiunge.
Così, si è costituto un piccolo gruppo di una decina di persone che si era autofinanziato attraverso la raccolta di una quota per componente di 50 euro. Gruppo che nel tempo, grazie alla forte sensibilità sui temi dell’accoglienza e società inclusiva, si è ulteriormente ingrandito.
L’incontro con don Enzo Volpe e la nuova vita di Habib
Nell’intento di assicurare una condizione di vita dignitosa ad Habib e ad altri ragazzi, insieme ai suoi amici, Federica iniziò a cercare un alloggio nel quartiere più multietnico della città: Ballarò. Qui, incontrò don Enzo Volpe, all’epoca responsabile del centro Salesiano di Santa Chiara, il quale le segnalò una struttura vicina al Don Bosco che poteva offrire una prima sistemazione.
“Dopo diversi tentativi, sono stata a Santa Chiara e don Enzo Volpe mi ha segnalato la struttura dei Salesiani, gestita dall’ associazione “A braccia aperte”, il cui responsabile, Matteo Rallo, cercava qualcuno vi pernottasse per presidiare questa palazzina, vandalizzata pesantemente l’anno prima, così ci siamo incontrati e finalmente abbiamo trovato un tetto a Habib che poi è stato subito seguito da Kerfala, un suo connazionale, e da altri ragazzi che negli anni si sono alternati”.
Un gruppo che ha ricostruito il senso dello stare insieme come se si fosse un unico nucleo familiare. Più relazioni umane di prossimità, meno indifferenza.
“Abbiamo dato il nostro affetto, la nostra attenzione, le nostre competenze che si sono create negli anni perché nessuno di noi proveniva dal terzo settore – precisa Federica Magi – abbiamo iniziato rendendo abitabile questa struttura vandalizzata, poi abbiamo proseguito la nostra azione seguendo i ragazzi nelle pratiche per la richiesta dei permessi di soggiorno che a volte venivano negati in modo velleitario, abbiamo curato i ragazzi che si sono ammalati e li abbiamo aiutati a trovare un lavoro. Inoltre, abbiamo sostenuto negli studi Habib e Moussa, che si sono diplomati nel 2020, rispettivamente al Regina Margherita e all’Alberghiero Piazzi. Abbiamo garantito loro delle condizioni di vita più che dignitose e abbiamo istituito delle relazioni che sono rimaste salde e solide negli anni, anche se molti di loro sono andati a vivere in paesi come la Germania o la Francia”.
La testimonianza diretta di Habib e Alpha
Dalla Guinea agli States. Habib Thiam, ha avuto un vissuto alternato tra sofferenze, sogni e speranze. Grazie alla solidarietà e alla sensibilità del gruppo “Adozione a Vicinanza” ha potuto vivere una vita più serena e l’anno scorso, è riuscito a volare in Tennessee, negli Stati Uniti per incontrare una ragazza, conosciuta on line, che presto diventerà sua moglie. “A Conakry, in Guinea, non potevo più realizzare il mio sogno perché c’era un conflitto interetnico che coinvolgeva anche la mia etnia. Andai dapprima in Algeria, poi giunsi in Libia e vedendo il mare ebbi paura ma non avevo scelta, così salii su un gommone e arrivai in Sicilia. Da Trapani, mi portarono in un centro di accoglienza a Carini, successivamente mi trasferirono a Bolognetta e quando diventai maggiorenne persi il diritto di essere ospitato allo SPRAR e grazie all’aiuto della mia professoressa di francese, di tutti i membri del gruppo Adozione a Vicinanza, che mi hanno aiutato, garantendomi un tetto, ho avuto la possibilità di continuare a frequentare il Regina Margherita”, ci racconta Habib.
Un aiuto prezioso ed indelebile nella memoria di Habib: “Quando penso a loro dirò che l’Italia è la mia seconda casa, perché mi hanno dato la speranza di vivere, di avere un documento, di potere viaggiare e arrivare negli Stati Uniti a trovare la mia ragazza. sono contento e orgoglioso di loro. Li porterò sempre nel mio cuore perché mi hanno dato la vera felicità” .
Alpha Umari Baa, oggi studente di infermieristica, ricostruisce la sua esperienza con il gruppo di Adozione a vicinanza e racconta come, grazie a loro, abbia avuto la possibilità di poter inseguire il suo grande sogno, diventare infermiere e contribuire attivamente a migliorare il futuro del paese che lo ha ospitato, l’Italia: “Io provengo dalla Sierra Leone e sono qui da alcuni anni – dichiara Alpha -, sono un rifugiato politico e qui in Italia, mi sento molto fortunato perché ho trovato una famiglia, un gruppo di persone chiamato Adozione a vicinanza che mi sta sostenendo economicamente e sto studiando infermieristica. Voglio completare i miei studi e contribuire allo sviluppo dell’Italia per ringraziare questo paese”.