PALERMO. Sarà inaugurata sabato 15 ottobre, alle 18.00, al Centro Internazionale di Fotografia dei Cantieri Culturali alla Zisa, la mostra fotografica “Ucciardone – ‘U Ciarduni” di Michele Di Leonardo e Salvo Valenti, sul mondo delle carceri palermitane.
Raccolti in un volume edito da Kalòs, gli scatti di Di Leonardo e Valenti raccontano le atmosfere e la quotidianità del carcere Ucciardone, nel dialetto palermitano conosciuto come ‘U Ciarduni. “Perchè qui – spiegano gli autori – prima della nascita del carcere in epoca borbonica, cresceva una piantagione di cardoni, di carciofi. Il riferimento, più di uno, è visibile in una scultura in ferro all’interno della struttura”.
Le foto colgono momenti diversi come il riposo, il relax di una partita a carte, il cibo e la messa domenicale, senza cercare l’inquadratura perfetta, anzi, insistendo quasi sulla casualità dello scatto.
“Le grate – spiega la storica dell’arte Maria Antonietta Spadaro in uno stralcio del libro – costituiscono un tema conduttore spesso presente a ricordarci quel distacco continuo, ossessivo, angosciante, tra il dentro e il fuori. Le foto evidenziano anche un altro aspetto, sconosciuto a chi ignora quel luogo, ossia la piacevole presenza, negli spazi esterni che si sviluppano tra i padiglioni dell’istituto, di enormi piante esotiche di notevole interesse botanico“.
“Gli scatti di Michele Di Leonardo e Salvo Valenti hanno il puro scopo di registrare le atmosfere del luogo nella loro reiterata quotidianità. Non percepiamo turbamenti e agitazioni di sorta. Certo, trascorrere ogni giorno un tempo scandito da rigidi ritmi precostituiti può portare alla rassegnazione ma anche alla follia.
Dobbiamo, tuttavia, ricordare che non molto tempo fa esisteva la pena di morte e, inoltre, se l’Ucciardone, come ogni istituto di pena, è un luogo di sofferenza, non nascondiamo certo la nostra soddisfazione quando le sue porte si aprono ad accogliere qualche mafioso, finalmente arrestato, oppure l’autore di crimini efferati.
Le “fotografie dal carcere” raccolte nel volume ci fanno riflettere su una realtà così inquietante e controversa del nostro universo sociale, sempre più liquido nella sua assenza di punti di riferimento.
“Quando si parla di carcere, a meno che non si abbia un’esperienza personale, non si può immaginare la drammaticità di questa realtà, di quanto la società rifiuti in maniera netta il reo, sia prima che dopo la scarcerazione e di come il concetto di libertà venga reinterpretato da chi, di quella libertà, non ne sentirà più il profumo”, spiega la criminologa Monica Capizzano.
“Quello che avviene all’interno del carcere non è pienamente conoscibile. Il carcere è fatto anche di ‘muri di cinta, sbarre, chiavi, lunghi corridoi, suoni che echeggiano, radio accese qua e là, televisori ad alto volume, file di celle con tanti uomini e donne dentro. Molti detenuti si troveranno a fare i conti con il concetto di ‘tempo’.
Infatti, non è ‘soltanto con la privazione della libertà che sarà necessario rapportarsi per riorganizzare la propria vita, ma anche con il tempo: non più quello della vita al di fuori delle mura, che passa in fretta, che non ci basta mai, che corre sulle nostre vite più veloce delle nostre azioni, ma quello interminabile, infinito, lento, programmato, imprigionato dentro mura che non hanno tempo.”
La mostra sarà visitabile dal martedì alla domenica, dalle 8.30 alle 18.00, fino al 12 novembre. Durante il vernissage di sabato 15 ottobre, alle 18.30, interverranno sull’argomento Pietro Cannella, Maria Antonietta Spadaro, Monica Capizzano, Anna Fici, Nunzio Brugognone, Fabio Savagnone, Connie Transirico, Marina Finettino.