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sabato, 22 Marzo 2025
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Segesta, “scrigno” greco nel cuore del Mediterraneo

La bellezza della Sicilia negli scatti di Yuri Testaverde. Comincia così la nostra rubrica dedicata alla fotografia dal titolo #RiflessidiSicilia

Yuri Testaverde
Yuri Testaverde
Ha studiato Scienze Politiche all'Università La Sapienza di Roma. Impegnato nel mondo sociale, è stato membro attivo di diversi progetti in ambito socio-politico tra Roma e Palermo, dove ha curato le pubbliche relazioni per il network RenUrban. Dal 2018 collabora con il mensile Cntn e, da ottobre 2020, con "Il Mediterraneo 24"
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SEGESTA. La fama di questo sito archeologico, che comprende ben 12 siti da visitare, è legata ai suoi due monumenti principali, il tempio dorico e il teatro, ma Segesta è da alcuni anni oggetto di studi e scavi scientifici che stanno svelando una realtà più complessa. Sulla sommità del Monte, dove si trova il teatro, da poco sono visibili anche i resti di un castello, di una moschea (periodo musulmano) e di una chiesa fondata nel 1442.
La data della fondazione di Segesta non è conosciuta, ma da documenti risulta che la città era abitata nel IX secolo a.C. dagli Elimi, antico popolo della Sicilia occidentale vissuti dal IX o VIII secolo a.C. al I secolo a.C. L’ipotesi attualmente predominante è che si trattasse di una popolazione di origine italica.
La città, fortemente legata alla cultura greca, divenne uno dei centri più importanti del Mediterraneo riuscendo a coinvolgere nella sua secolare ostilità verso Selinunte anche Atene e Cartagine.

Nel  408 a.C. grazie all’aiuto dei Cartaginesi, Selinunte viene distrutta ma, cento anni dopo, la stessa sorte toccherà a Segesta per mano di Agatocle di Siracusa.
Dopo un lungo periodo di splendore economico e culturale, con la prima guerra punica, Segesta passa sotto il dominio dei  Romani con cui si pensa ci sia in comune la leggendaria origine troiana. Fu grazie a questa mossa politica ed in nome delle comuni origini troiane che i Romani evitarono alla città il pagamento di tributi e le diedero, inoltre, una certa autonomia politica e di controllo territoriale.
Le ricerche archeologiche intraprese negli ultimi anni però non hanno ancora dimostrato o smentito i presunti legami con l’area dell’Asia Minore in cui sorgeva Troia, di certo gli Elimi furono un popolo estremamente aperto agli influssi della cultura greca e romana, grazie alla posizione strategica e ai numerosi scambi operati con popoli commercianti, come ad esempio i fenici.

L’area archeologica di Segesta, divenuta nel 2013 parco archeologico, comprende diversi siti.
L’area, dagli anni novanta, è stata enormemente rivalutata grazie a numerose scoperte che hanno riguardato le rovine dell’antica città elima: il tempio dorico; il teatro; il santuario di contrada Mango, agorà e casa del navarca (epoca greco-romana); l’area medievale (mura di cinta, castello annesso al teatro, due chiese di epoca normanna, il quartiere medievale e la moschea).

Il maestoso Tempio dorico, formato da 36 colonne, 6 sul lato minore e 14 sul lato maggiore, è stato realizzato tra il 430 e il 420 a.C. Questo si trovava fuori dalla cinta muraria della città elima e ancora oggi affascina con la sua straordinaria bellezza. Il tempio non è mai stato completato e il mistero che lo circonda riguarda sia la posizione, a strapiombo su un dirupo, sia sulle motivazioni che spinsero gli elimi a costruirlo.

Qualunque sia stata l’organizzazione interna del tempio ed il tipo di culto praticato, possiamo comunque affermare che la sua funzione preminente era quella religiosa. Data la suggestione del luogo e l’ampio respiro dell’area nella quale sorge il tempio, è ovvio pensare che tutta la zona fosse comunque un punto nodale nella struttura urbana di Segesta e nei suoi percorsi. E’ uno dei rari esempi di templi dorici che non sono mai crollati. Esso è rimasto attraverso i secoli un elemento insito nel paesaggio, al pari degli elementi naturali circostanti.

In cima a Monte Barbaro si trova, invece, il Teatro ellenistico, costruito nel II sec. a.C, quando Segesta era già città libera sotto i Romani. È considerato uno dei teatri più belli del periodo classico e nel passaggio tra dominazione greca e romana. Ha un diametro di circa 60 metri ed una scalinata scavata nella roccia.

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