PALERMO. Alle volte la vita ci porta su dei binari che non avevamo previsto e ci trascina in percorsi inaspettati, è quello che è successo a Cetty Mannino, che nella vita era convinta che avrebbe fatto la giornalista, fino a quando per un caso più fortuito che desiderato si è trovata a cambiare rotta e ad occuparsi di cyber bullismo.
È anche grazie al suo infaticabile lavoro che qualche giorno fa all’Assemblea Regionale Siciliana è stata approvata la prima legge regionale per contrastare il fenomeno. Ma andiamo per gradi, Cetty si laurea nel 2014 e per la sua laurea la professoressa con la quale decise di scrivere la tesi le suggerì come argomento proprio questo, dopo la laurea mise il suo lavoro sul suo blog e dopo poco tempo cominciarono a contattarla da tutta Italia. «Allora il tema era poco trattato – racconta Cetty – così la tesi si indicizzò sui motori di ricerca e in tanti mi chiesero aiuto, genitori, ragazzini, allora non c’era neanche una legge nazionale.
Da quel momento ho capito che dovevo capirne di più e decisi di approfondire maggiormente il tema e di continuare a studiare. Adesso a distanza di otto anni dalla tesi, mi trovo a lavorare nelle scuole come esperta della materia e ho contribuito alla realizzazione del ddl regionale. La Sicilia era rimasta l’unica regione senza una legge sul cyber bullismo».
Un gran bel risultato quello ottenuto da Cetty Mannino che promuove come approccio non quello del contrasto bensì quello dell’educazione e della prevenzione. «Il mio ruolo specie all’Ars – continua – è stato intanto quello di ricordare che l’Italia ha una legge nazionale specifica sull’argomento al 71/17 che da una definizione del problema, e poi che bisogna far leva sul versante della prevenzione. Bisogna mirare all’educazione digitale in tutti i contesti non soltanto quelli scolastici». Il fenomeno ha un trend in crescita dato anche dalle chiusure forzate a causa della pandemia mondiale, dove tutti siamo rimasti incollati ai cellulari.
«Sono aumentati i casi – aggiunge -, se ne sono verificati anche in dad, alcuni ragazzi freezzavano le immagini dei compagni per deriderli pubblicamente». Ma Cetty ha fatto tesoro degli anni passati tra gli adolescenti e preadolescenti e ha deciso di mettere un altro importante tassesso nel mosaico del contrasto al fenomeno. Il gioco si chiama Digital Challenge e nasce nell’ambito di un progetto in una scuola secondaria di secondo grado. «Mi sono inventata un gioco a quiz – racconta – e ho notato che era quello che più coinvolgeva i ragazzi, e ho capito che era una via da intraprendere».
Sono cento carte per altrettante domande con tre risposte, ma non c’è la soluzione, perché lo scopo è quello di insegnare ai giovanissimi a fare le ricerche sui motori di ricerca. «Un’altra cosa che ho notato in tanti anni nelle scuole – conclude Cetty – è che i ragazzini non hanno il senso critico, non sanno cercare sui motori di ricerca». Oltre alle domande tra le carte si trovano degli imprevisti e delle challenge, è adatto a tutti dagli otto anni in su, e l’intento è quello che il gioco diventi un collante tra le varie generazioni, il compito dell’adulto è quello di innescare una discussione, spostare la discussione sul versante emotivo e di indagare sulle difficolta del ragazzo. È possibile acquistarlo online sul sito www.intreccio.eu.