Denunciano “una limitazione delle libertà di movimento delle persone” e “una violazione del divieto di discriminazione”, poiché “si attua con modalità differenziate per i soli cittadini stranieri in percorso migratorio e senza alcuna trasparenza e informazione a riguardo””. Circa 150 organizzazioni italiane e internazionali hanno redatto un documento sul trattenimento a bordo delle navi quarantena per le persone soccorse in mare o sbarcate autonomamente in Italia. Il testo, dal titolo “Criticità del sistema navi-quarantena per persone migranti: analisi e richieste”, chiede al Ministero dell’Interno, al Ministero dei Trasporti, al Ministero della Salute, al Dipartimento della protezione civile di “chiudere il modello di gestione della quarantena con le navi e migliorare e rafforzare il sistema di accoglienza”. Richiesto anche l’impegno a introdurre misure che rispettino la sicurezza, la salute e i diritti di tutte le persone coinvolte, senza alcun tipo di discriminazione. E non è la prima volta.
Le richieste al Governo nazionale
Le realtà firmatarie chiedono che vengano dismesse le navi quarantena. “Sembrano rispondere più a paure indotte che a criteri di una gestione sicura, ragionevole e umana dell’epidemia e dei flussi migratori”. Nel contempo, le organizzazioni chiedono di reinvestire i finanziamenti previsti nell’adeguamento dei centri di accoglienza a terra. Il costo delle strutture a terra è di 30-40 euro al giorno per migrante; lo stesso servizio in mare, sulla base degli avvisi e del disciplinare tecnico pubblici, sembra assestarsi sui 150-200 euro al giorno per ciascun ospite. Le organizzazioni denunciano anche l’assenza di trasparenza sull’organizzazione e quanto avviene a bordo: “Si rendano trasparenti e pubbliche le procedure adottate in particolare nei confronti dei minori e di persone anche con gravi vulnerabilità”. Il documento, inoltre, pone l’attenzione sulla necessità di garantire un’adeguata informazione legale e sanitaria a tutte le persone attualmente presenti sulle navi.
Le emergenze sanitarie
Tanti i dubbi sollevati sull’efficacia del modello delle navi quarantena in termini di contenimento del contagio. Bocciata la scelta di tenere centinaia di persone in un grande luogo chiuso dove vengono isolati sia casi positivi che persone in quarantena precauzionale. Dal momento che è “impossibile applicare il distanziamento e l’isolamento completo dei casi positivi ed è problematico l’immediato trasferimento in ospedale in caso di necessità”. A novembre 2020 su 2448 persone sulle navi solo 197 erano positivi al covid-19. Si tratta dell’8% con contagi avvenuti prevalentemente nei contesti di promiscuità vissuti durante il viaggio. La soluzione proposta sarebbe sottoporre le persone in brevissimo tempo a tampone per poi provvedere a farli sbarcare in luoghi idonei a terra. Preoccupano anche l’acuirsi delle situazioni di salute pregresse: disagio psicologico e rischio di ritraumatizzazione che “le misure di quarantena a bordo possono provocare su individui che hanno spesso già subito eventi traumatici”.
La denuncia di violazione dei diritti
Nel solo mese di ottobre i giornali hanno segnalato diversi casi di persone che hanno cercato la fuga gettandosi in mare dalle navi. Sono giunte anche notizie anche di atti di autolesionismo a bordo delle stesse navi. I firmatari segnalano che “l’uso delle navi quarantena è progettato per essere imposto esclusivamente alle persone non italiane in percorso migratorio”. Un fatto che comporta “una limitazione delle libertà di movimento delle persone: una modalità fortemente discriminatoria”. Univoca la richiesta di tutti i firmatari: “Il diritto alla vita e il diritto alla salute non possono variare in funzione della nazionalità e della provenienza. Rafforziamo e miglioriamo un sistema di accoglienza che sia sicuro e dignitoso”.







