PALERMO. Rani (studentessa di 17 anni), Leyla (madre di tre figli), Aisha (donna del nord Africa) e Malyn (sopravvissuta allo sfruttamento) sono donne che, grazie a chi si è presa cura di loro, sono riuscite ad uscire dal tunnel di abusi e sfruttamento riprendendo in mano la loro vita. A partire da loro, ieri sera, in occasione della XI Giornata Mondiale contro la tratta, si è svolta la veglia e marcia cittadina “Ambasciatori di Speranza. Insieme contro la tratta di persone” in memoria di Santa Giuseppina Bakhita, vittima della schiavitù.
“Purtroppo, dopo tanti anni di contrasto e di interventi a favore delle vittime – scrive il comitato organizzativo -, non si nota una diminuzione del fenomeno, bensì ci troviamo di fronte a un costante aumento e mutamento delle forme della tratta e delle modalità dello sfruttamento. C’è, quindi, un grande bisogno di intensificare gli interventi sia di prevenzione che di contrasto, nonché di rilanciare i programmi di reintegrazione sociale”. La marcia, organizzata dall’USMI (Unione delle Superiore Maggiori d’Italia) diocesana, partendo dalla chiesa Sacra Famiglia, ha proseguito per alcune strade vicine per poi concludersi a piazza Giulio Cesare, dentro la stazione centrale. All’evento ha partecipato l’arcivescovo Corrado Lorefice.
I partecipanti, in quattro momenti, si sono fermati per ricordare alcune donne che si sono ribellate a chi le aveva rese schiave. La prima testimonianza è stata quella della giovane studentessa Rani che ha avuto il coraggio di ribellarsi ad un matrimonio forzato per decidere lei stessa il suo futuro. A questa è seguita quella di Leyla, madre di tre figli, che, dopo parecchi abusi, è riuscita a scappare dalla rete criminale che la costringeva a vendere il proprio corpo. La terza storia è stata quella di Aisha, una donna del nord Africa che è scappata da chi l’aveva resa schiava facendole subire umiliazioni e maltrattamenti. Infine, il quarto momento è stato dedicato a Malyn che, sopravvissuta, dopo abusi fisici e torture, a una forma grave di sfruttamento lavorativo, oggi aiuta altre donne attraverso la difesa della giustizia.
“Ieri (l’altro, ndr), a Lampedusa, mi sono fermato al cimitero – ha detto l’arcivescovo Corrado Lorefice – e nella camera mortuaria dove c’erano i corpi degli ultimi naufraghi, senza nome. Anche loro, come gli altri, erano passati dai luoghi della tratta di esseri umani. Sotto i nostri occhi, uomini, donne e bambini continuano, purtroppo, ad essere catturati, imprigionati, abusati, violentati nel corpo, nella coscienza e nella mente. In questa stazione dei treni ricordiamoci, pure, quello che iniziò a fare fratello Biagio Conte, accogliendo i volti di chi non aveva voce. Da pellegrini anche noi dobbiamo impegnarci per ripartire e riconoscere il volto di Dio in ogni uomo e donna, favorendo la cultura dell’incontro e della cura dell’altro. Preghiamo per tutte le vittime della tratta del passato e del presente, vicine e lontane”.
Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) e l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (Unodc) circa 21 milioni di persone, spesso povere e vulnerabili, sono vittime di tratta per sfruttamento sessuale, lavoro forzato, espianto di organi, accattonaggio forzato, servitù domestica, matrimonio forzato, adozione illegale, maternità surrogata e altre forme di sfruttamento. Ogni anno, circa 2,5 milioni di persone sono vittime di traffico di esseri umani e riduzione in schiavitù; il 70 per cento sono donne e minori.