PALERMO. Una manifestazione che collega il mondo accademico, i giovani tamil e la società civile palermitana all’insegna della memoria del 15° anniversario del genocidio, dell’identità e della partecipazione sociale e politica di una comunità “diasporica” che vede nel capoluogo siciliano un punto di riferimento globale. È in questo contesto suggestivo che uno dei luoghi più simbolici della città nella sua espressione multiculturale (la parrocchia di San Nicola da Tolentino, gestita dagli Oblati di Maria Immacolata – OMI) ha visto il protagonismo attivo delle seconde generazioni tamil residenti in città attraverso le loro voci, memorie e speranze, partendo dai risultati del libro “La comunità tamil di Palermo, socializzazione politica delle seconde generazioni” edito da Carocci Editore, frutto di una ricerca sociologica condotta dalle docenti Marilena Macaluso (professoressa associata di Sociologia dei fenomeni politici, Dipartimento Culture e Società) e di Giuseppina Tumminelli (ricercatrice di Sociologia dei fenomeni politici, DEMS,) dell’Università degli studi di Palermo.
Venti interviste biografiche ne ripercorrono le relazioni sociali in ambito familiare, scolastico, religioso, lavorativo, mediatico e associativo; i legami con lo Sri Lanka, con la comunità diasporica e con la città di Palermo. Tra gli intervistati e le intervistate, la lotta per mantenere viva la memoria collettiva e per il riconoscimento internazionale delle atrocità del passato si intreccia con questioni politiche nuove che riguardano la cittadinanza e i diritti. Forme di socializzazione e partecipazione politica quotidiana coinvolgono vecchie e nuove generazioni, in un processo comunicativo e riflessivo continuo che mette in discussione lo status quo innovando pratiche e modelli consolidati di comportamento”.
L’evento si è aperto con un minuto di raccoglimento in memoria delle vittime del genocidio tamil, e, successivamente da una danza organizzata dalle allieve di Swasthika Sasiyendran. “Abbiamo organizzato questo incontro nell’ambito della Settimana delle Culture e della Settimana educativa del genocidio Eelam tamil che quest’anno coincidono, per riflettere, a 15 anni dalla fine della guerra in Sri Lanka, sulle violazioni dei diritti di questo popolo, sull’identità e sulle forme di partecipazione civica e culturale della comunità diasporica nel mondo e qui a Palermo. Il successo dell’iniziativa sta nella coralità e della pluralità delle voci che sono intervenute nel dibattito e attraverso codici espressivi molto forti come la danza Bharatanatyam”, dichiara Marilena Macaluso, professoressa associata dei fenomeni politici del dipartimento Culture e società dell’ateneo palermitano.
Il responsabile della comunità cattolica tamil, padre Peter Rajanayagam, nel suo intervento, ha voluto ringraziare i docenti universitari, la società civile e la sensibilità delle nuove generazioni nel voler fare memoria attiva attraverso questa iniziativa nella quale il sogno di poter trovare la giustizia e la dignità di popolo nella propria patria possa essere un cammino di speranza.
Il dottor Mario Affronti, Responsabile Migrantes Palermo, ha ripercorso, durante il suo intervento, i primi contatti con la comunità tamil e l’impegno dei Salesiani con la figura di don Meli nel fornire assistenza sanitaria ai migranti e condivisione degli spazi per attività scolastiche per i bambini tamil. “Nel 1987 arrivarono i primi migranti, in primis Ghanesi ed Ivoriani – ricorda affronti – , poi negli anni 90 arrivarono i primi tamil fuggiti dalla guerra. In quegli anni facevo assistenza sanitaria presso l’ambulatorio Santa Chiara, nel quartiere dell’Albergheria. Don Meli aveva concesso degli spazi per formare 4 classi di bambini tamil dove facevano sia attività di apprendimento dell’italiano che di mantenimento delle proprie radici culturali e linguistiche”, ricorda Affronti.
Il suo intervento è poi proseguito come una voce di speranza attraverso i giovani presenti tra il pubblico, ricordando la contemporaneità dell’emigrazione siciliana a quella dei tamil. “Don Sergio Natoli, faceva un discorso importante. – specifica Affronti – è vero che bisogna rispettare le leggi del paese che accoglie, ma non bisogna perdere le proprie radici, assicurarsi che non ci siano assimilazioni, che ognuno rimanga nella sua identità che rappresenta una grande ricchezza. Un sentito ringraziamento a voi tamil perché avete dato la possibilità di dimostrare un volto bello di Palermo che è quello dell’accoglienza”.
Padre Adriano Titone, Oblato di Maria Immacolata, ha voluto ricordare, partendo dalla sua esperienza da missionario nei paesi africani, il valore dell’accoglienza in una visione di “comunità allargata senza confini” nel quale vi è percorso di crescita dialogico e fraterno. Una missione che continua nella città di Palermo anche attraverso i tamil nella parrocchia di San Nicola da Tolentino.
L’associazione Giovani Tamil, nella figura di Danistan Johnson, ha letto un comunicato in riferimento alle necessità di continuare una rete sinergica tra l’Università, la società civile e il territorio nel portare avanti le voci e le istanze del popolo Eelam Tamil nel capoluogo siciliano.
La Professoressa Giuseppina Tumminelli (DEMS Unipa), ha focalizzato il suo intervento sugli aspetti salienti del libro partendo dal target, le seconde generazioni. Ha ricordato, in particolare l’entità di essere “comunità transnazionale” che crea reti e legami nel mondo e sulle complessità correlate al tema dell’identità, reso difficile dall’insieme di diverse culture (quella del paese di origine dei genitori o delle radici) e quello in cui si cresce o si nasce. Ha, inoltre, ricordato dei “ponti” di comunicazione creati dai giovani con la propria comunità, facendo particolare riferimento all’impegno di essi nel periodo della pandemia. “La più grande comunità di tamil presente in Italia si trova in Sicilia, nella città di Palermo – ha aggiunto -. I tamil sono arrivati negli anni Ottanta quando i controlli non erano così rigidi e il mercato richiedeva collaboratori domestici. Inoltre, il clima mite, simile a quello dello Sri Lanka, è stato un deterrente nella scelta della meta. Fare riferimento alla categoria di “seconde generazioni” è alquanto complesso per la vasta gamma di situazioni, molto diverse tra di loro, che richiama. Come è stato evidenziato dalla letteratura e da studi recenti, si tratta di una categoria che deve essere problematizzata, ridiscussa e ridefinita, anche con il contributo dei protagonisti diretti”.
L’evento si è concluso con una danza commemorativa a cura di Deran Shiya Joseph Stanis.